Dicono Soderbergh e sodali che si siano divertiti un mondo a girare questo nuovo episodio della saga del truffatore gentiluomo Ocean. E in effetti paiono divertirsi parecchio Clooney e Pitt: che si vezzeggiano autoironici (si veda il finale); gigioneggiano e sbruffonegiano; giocano coi propri ruoli; si autocitano; ammiccano alla macchina da presa. Anche il regista Steven Soderbergh, vero artefice dell’operazione non è da meno: è presente dietro la macchina da presa come regista e operatore. È il responsabile della fotografia (molto varia e ricercata) seppur sotto pseudonimo. Ed è stato lui a coinvolgere un cast di stelle di prima grandezza. Insomma: un bel divertimento. Per loro. Perché il pubblico – ahinoi – dopo aver già digerito il medesimo giochino narcisista nel secondo episodio, si trova di fronte più che una storia e dei personaggi degli attori in vena di divertirsi ma un po’ meno di divertire. Attori e regista allo specchio: tanto intenti a sperimentare su di sé e la pellicola (si pensi ai giochi di luce molto ricercati) quanto disinteressati al resto: a un pubblico che, per la forza del cast, non potrà ignorare il film e a una storia che, a ben vedere, risulta inutilmente macchinosa, intasata dal numero di troppi personaggi, non sempre necessari all’azione, e a volte appena accennati.
Non mancano aspetti positivi: una professionalità notevole nella confezione del film; una certa ironia, anche se meno presente rispetto agli episodi precedente; la mancanza assoluta della volgarità. Manca una presenza femminile forte e seducente: e si sente. La presenza della Barkin, anche se – pur brava – non compensa l’assenza della Roberts o della Zeta-Jones. Il resto è ordinaria vacuità. Con una piacevole sorpresa: il divertente personaggio dell’”esaminatore” dei Casinò, quasi una citazione de La pantera Rosa per la sequenza delle sventure che gli capitano.
Simone Fortunato