Uno dei più grandi corridori a cavallo e un’impresa impossibile: una gara di più di tremila miglia nell’infuocato deserto arabo.,Diretto da Joe Johnston, discreto regista specializzato in film per ragazzi (sono suoi il bel ‘Cielo d’ottobre’ e il terzo episodio di ‘Jurassic Park’), ‘Oceano di fuoco’ è un solido film d’intrattenimento, ispirato ad una storia vera (la vicenda si ispira a Frank Hopkins, autentico e spericolato corridore a cavallo) ma ben collocabile nel presente: suona infatti molto attuale l’impegno di un eroe americano in terra araba (la gara si concluderà in Iraq), alle prese con un popolo in prima battuta ostile, ostaggio di terroristi ingiusti e volenti e con una gara/guerra che sembra lunghissima e sfiancante, ma che alla fine lo vedrà vincitore al fotofinish. Niente di nuovo sotto il sole, si dirà: eppure ‘Oceano di fuoco’, sotto molti aspetti vicino a ‘L’ultimo samurai’, con cui condivide molto, tranne la presunzione da kolossal sbanca botteghini. Stesso incipit e stesso pessimismo nel tratteggio di un protagonista che, prima di partire per l’impresa, non ha più nulla da perdere; stessi squarci esotici affascinanti; stesso rapporto di diffidenza/fiducia/amicizia tra i due personaggi principali (nel film di Zwick, l’americano e il samurai; qui l’americano ed il vecchio arabo interpretato da Omar Sharif). Eppure, ‘Oceano di fuoco’ appare più riuscito dell’omologo ‘L’ultimo samurai’: Aragorn in versione cowboy, per quanto surclassato dalla prova di Sharif, è più efficace del Cruise in kimono e la vicenda generale, ben scritta, se non colpisce per originalità, almeno è narrata con linearità e senza eccessivi artifici retorici e pirotecnici. Una sorta di western in terra araba, dal tono conciliante rispetto alla diversità, privo di rudezze, vagamente animalista (ma nel senso più nobile del termine).,Simone Fortunato, ,