Parte seconda del film diretto da Von Trier. La narrazione riprende laddove si era fermata. Joe (Charlotte Gainsbourg) che racconta a un personaggio che pare tanto uno psicanalista (Stellan Skarsgard) le proprie vicissitudini sessuali e affettive. Von Trier non risparma, come già nel capitolo precedente, i colpi bassi allo spettatore: parecchie scene esplicite (tra cui un episodio in cui la protagonista si cimenta in un “sandwich” interrazziale), una sequenza in cui il povero Jamie Bell sperimenta con la Gainsbourg una sorta di rapporto sadomaso. Il regista danese imprime, rispetto al primo episodio, un'accelerazione sul sesso (il film è stato vietato ai minori di anni 18, e a ragione) e comincia a tirare i fili del suo, spesso delirante, discorso. Si tira in ballo la Chiesa, spesso protagonista dei suoi film: dalla rigida Chiesa protestante che opprime la povera Bess ne Le onde del destino a quella grande e inquietante raffigurazione della Chiesa e del potere religioso che è Dogville. Qui però gli argomenti sfoggiati da Lars sono poca cosa. Una disquisizione interessante, anche se surreale soprattutto se posta in mezzo ai racconti della protagonista, sulle icone diventa lo strumento per qualche pillola di catechismo originale. Perché – ricorda il personaggio di Skarsgard al pubblico evidentemente ignorante e poco preparato – c'è stato una scisma all'interno della Chiesa. Uno scisma – quello d'Oriente del 1054 – che ha prodotto due Chiese agli antipodi. La Chiesa Occidentale e Papista, quella della Sofferenza, e la Chiesa Orientale, quella della Felicità. Banalizzazioni e stupidaggini che evidentemente vanno prese come boutade da parte di un regista che ama dare scandalo e spiazzare. Come prendere sul serio scempiaggini di questo tipo, discorsi ampi e apparentemente seri sulla tradizione pittorica e artistica cristiana che vivono nel film accanto a dialoghi del tipo “Riempimi tutti i buchi”, sculacciate, dita nel sedere e un'immagine blasfema in cui un orgasmo viene raccontato attraverso la visione mistica di quella che sembrerebbe essere la Madonna. Insomma, Von Trier, come già nel Volume 1, esibisce tanto e racconta poco in termini di evoluzione del personaggio e approfondimento psicologico. Rimangono due cose interessanti. In primo luogo la sua conferma come regista di grande impatto visivo (talento ancora più evidente se associato a una crisi gravissima sul piano dell'affabulazione e della scrittura, in molti momenti macchinosa e verbosa). E poi la coerenza a livello tematico: tutto il suo cinema, eccezion fatta per quell'unicum, quel capolavoro che è Le onde del destino, racconta senza speranza il contrasto tra l'io soprattutto al femminile, spesso fragile e confuso, e un Potere crudele e senza pietà. Anche in questo caso, dopo le tante figure maschili negative dei vari Dancer in The Dark o Dogville, Von Trier non si smentisce. E nel disvelamento finale del personaggio di Skarsgard, terribile e inquietante, il racconto prende i toni cupi e tragici di una versione ancora più cruenta e sanguinaria della Medea di Euripide, uno dei primi adattamenti teatrali su cui l'allora giovane artista danese andava formandosi come regista. ,Simone Fortunato