Otello Morsiani, avvocato di uno studio legale che ha sede a Padova, viene chiamato sul Delta del Po per la stima di un terreno da espropriare e destinato a diventare parco naturale. Sono tanti gli incontri con la gente del posto, chiusa ma in fondo di buon cuore. Ma scoprirà anche ipocrisie, paure, grettezze, e pure misteri inconfessabili (c’è in ballo l’estrazione del metano dal terreno, e gli interessi economici dell’industriale Tornova che dà lavoro a tutto il paese con i suoi allevamenti di polli), oltre all’affetto di Daria, una giovane donna dal passato doloroso, ragazza in paese malvista per i suoi errori, e del suo figlioletto. Riuscirà, alla fine, a mettersi nei guai per la sua incapacità di chiudere gli occhi.

Fu una sorpresa l’esordio alla regia di Carlo Mazzacurati, presentato alla Mostra di Venezia 1987 nell’ambito della Settimana della Critica: un giallo anomalo, dove i meccanismi dell’intreccio “giallo” (pur teso e suggestivo, soprattutto nell’ambito di un cinema d’autore che dei generi si vergognava) contano meno della descrizione degli ambienti, delle persone, degli stati d’animo. Mazzacurati, fin dalla sua opera prima, si presenta come un narratore della vita di provincia, di cui sa cogliere la semplicità ma anche le zone oscure senza indulgenze; era chiara già da allora la sua scelta di campo per marginali, perdenti, sfortunati, raccontati con tocchi di umorismo leggero, rabbia compressa e una malinconia irresistibile. Con uno sguardo severo sull’Italia degli anni Ottanta e sull’avidità e lo sfruttamento della natura e dei deboli, temi che si ritroveranno anche in altre opere successive. E come scrisse il grande Tullio Kezich, il figlio di Daria che legge L’isola del tesoro «finisce per essere una buona chiave di lettura della realtà: un mondo di gaglioffi, degni dei pirati di Stevenson, dove per un imbroglio attorno ai pozzi di metano si è arrivati addirittura al delitto».

Notte italiana, interpretato ottimamente da un gruppo di attori ispirato (su tutti il protagonista Marco Messeri, dall’inconfondibile cadenza toscana, ma anche Giulia Boschi che sembrava destinata a una luminosa carriera), segnò anche l’esordio da produttore per Nanni Moretti e per il suo socio Angelo Barbagallo con la Sacher Film. Il film vinse il Nastro d’argento per il miglior regista esordiente, mentre Messeri fu premiato con il Globo d’oro della stampa estera come miglior attore dell’anno. Splendide le musiche di Fiorenzo Carpi, con un tema di fondo che rimane impresso per la capacità di comunicare malinconia e struggimento, ma anche tenerezza e speranza per un futuro, nel finale, certo più promettente dopo tante brutture.

Antonio Autieri