Sentieri del Cinema, per definizione, parla di Cinema. E fin qui siamo nel campo dell’ovvio. Ma proprio perché scriviamo da sempre – e amiamo – il cinema, negli ultimi anni non abbiamo potuto fare a meno di notare come tanti professionisti del grande schermo abbiano deciso di cimentarsi in un diverso tipo di racconto, quello della serialità televisiva. Un tipo di narrazione che negli ultimi anni si è molto evoluta, diversificata, anche all’arrivo di piattaforme che ne hanno cambiato la fruizione. Le stesse piattaforme che in questi giorni ci danno la possibilità di recuperare vecchi e nuovi titoli cinematografici seguendo le passioni e le esigenze della famiglia.
Per questo, pensando che ci troviamo in un momento in cui, volenti o nolenti, abbiamo più tempo da passare davanti alla tv, abbiamo pensato di suggerirvi alcune serie che ci hanno colpito perché in qualche modo nutrono la stessa passione cinematografica che condividiamo. Generi diversi, formati lunghi o brevi (questo è anche il bello della serialità), interpreti noti oppure no, registi autori o racconti che hanno nella scrittura il loro punto di forza. Serie tv che potete trovare su Amazon Prime, Netflix, Sky o TimVision, ma anche in alcuni casi recuperare su RaiPlay o MediasetPlay.
Ve le consigliamo insieme a un film che ci aiuta a raccontarvi perché ci hanno colpito, seguendo come sempre una passione per le storie che ci possano fare compagnia.
CHERNOBYL (Sky/Now Tv) 1 stagione 5 x 60/70’
Creato da Craig Mazin
Con Stellan Skasgård, Jared Harris, Emily Watson
Era il l 986, quando si diffuse la notizia che qualcosa era accaduto in una centrale nucleare dell’Unione Sovietica, in un paesino dal nome sconosciuto, Chernobyl, che sarebbe diventato il sinonimo di un pericolo senza volto e senza nome.
La serie ripercorre in cinque puntate non solo, minuto per minuto, le ore del disastro nucleare e le reazioni che ne seguirono, da parte di tecnici e autorità, ma anche le indagini sulle origini della tragedia e i tanti errori, tecnici e umani, che contribuirono a renderla epocale.
Le immagini del cielo livido che si colora della luce anomala delle radiazioni, le particelle che volano in aria come cenere o neve, infettando gli abitanti della zona, che ignari ne contemplano la sinistra bellezza. La regia sobria, ma efficacissima, della serie (è del regista svedese Johan Renck, la produzione originale di HBO Europe) si modula nel corso delle 5 puntate adattandosi al momento e al ritmo del racconto, più incalzante all’inizio, nelle prime ore dall’incidente e man mano più disteso, concentrato sui personaggi e sulle loro scelte sempre più drammatiche e difficili.
A condurci nella storia è un piccolo gruppo di grandi interpreti: il giovane pompiere Ignantenko (Adam Nagaitis), coinvolto nei primi interventi e ignaro della terribile sorte che lo aspetta a causa delle radiazioni, e sua moglie Ludmilla (Jessie Buckley), che si rifiuta di abbandonarlo, ma soprattutto Valerij Legasov (Jared Harris), il chimico alla guida della squadra che affrontò l’incidente, Boris Shcherbina (Stellan Skarsgåd), l’alto funzionario del governo incaricato di gestirlo e Ulana Khomyuk (Emily Watson), un personaggio di invenzione che rappresenta i molti scienziati coinvolti nell’operazione. Sullo sfondo tantissimi altri personaggi, persone normali, più o meno eroiche, che in un modo o nell’altro fanno i conti con le radiazioni nucleari, certo, ma soprattutto con la sovrastruttura ideologica di un regime al collasso che è disposto a sacrificare vite umane e verità sull’altare di una Patria intoccabile.
Il senso del sacrificio di Legasov (che morirà suicida, ma lascerà la traccia di quello che è accaduto perché non sia dimenticato), di Shcherbina e dei tanti altri è nel salvataggio di vite umane, ma anche e soprattutto nella testimonianza alla verità. La serie è però anche la storia di un’improbabile amicizia che dà la forza di combattere per quella verità, e allo stesso tempo mostra come è l’umanità e non l’ideologia che spinge tanti (bellissimo il caso dei minatori che scavano la galleria per mettere in sicurezza il reattore o i tecnici che scendono, da volontari, a fare le verifiche nell’aria contaminata) a sacrificarsi prima e dopo.
È Legasov, al processo che le autorità sovietiche vollero condurre non lontano dai luoghi della tragedia, a riassumere al meglio il senso di questa storia: «Quando la verità ci offende, mentiamo e mentiamo finché non siamo neanche in grado di ricordarci che è lì. Ma la verità c’è, è ancora lì. Ogni bugia che diciamo aumenta il debito che abbiamo nei confronti della verità. Prima o poi quel debito si paga».
Ma il debito è anche nei confronti degli esseri umani che vivono questo dramma e che la serie racconta con uno sguardo pieno di pietà e stima, commovente e capace, specie di questi tempi, di andare oltre la disperazione alla ricerca di un modo di ricominciare.
Laura e Luisa Cotta Ramosino
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