In un complesso residenziale, tra vite racchiuse in ville bianche come la neve e tutte perfettamente identiche, arriva il misterioso Zhenya, un giovane massaggiatore di origini ucraine. Che si tratti di un guaritore, di un ciarlatano o di un figlio radioattivo di Chernobyl, come scherza qualcuno, quel che è certo è che la comunità si rivolge a lui speranzosa, cercando una terapia per ogni sorta di ferita.

Arriva nelle sale italiane Non cadrà più la neve, uno dei film in concorso nel 2020 alla 77a edizione della Mostra del cinema di Venezia, passato però inosservato in quanto a critica e premi. Scritto e diretto dalla cineasta polacca Malgorzata Szumowska insieme a Michal Englert, il suo storico direttore della fotografia, questo dramma onirico si distingue da subito per una messa in scena curata, abile nel ritrarre la cornice algida e sofisticata di un grande vuoto esistenziale. Di straniante eleganza è anche l’interpretazione di Alec Utgoff (volto riconoscibile grazie alla terza stagione di Stranger Things), che si rivela essere un aggraziato ballerino.

Ci sono deliberate citazioni al cinema di Tarkovskij nel film di Szumowska ed Englert, che confezionano con efficacia un’atmosfera aggraziata, malinconica e sospesa, proprio come quando aleggia il fenomeno metereologico del titolo. Il rischio, però, è quello di mischiare troppo le carte della storia e dei generi, per condurci poi alla spiazzante previsione finale: tra quattro anni, in Europa, cadrà l’ultima neve.

Roberta Breda