Alla veglia funebre di Brian, stupidamente ucciso mentre cercava di mettere pace in una lite per strada, solo una persona stride visibilmente col composto clima dolente dei partecipanti. Ha un vestito stazzonato, è in disordine, fuma di continuo e nervosamente. Perché fosse presente, il fratello della vedova è dovuto andare a prenderlo nello squallido tugurio dove vive, non ha neanche il telefono. L’uomo si chiama Jerry, è stato un bravo avvocato, è diventato schiavo dell’eroina, ma Brian non l’ha mai abbandonato, ed è morto dopo essere andato a trovarlo nel giorno del suo compleanno. Audrey, la vedova, ha sempre osteggiato il comportamento del marito, ma ora se ne fa una colpa, e invita Jerry, che si sta disintossicando e frequenta le riunioni dei Narcodipendenti Anonimi,a stare in una stanza del suo garage. C.S. Lewis (l’autore di “Narnia” e “Le lettere di Berlicche”) ha scritto una volta che la morte di un amico non è solo la sua scomparsa, ma anche la perdita di qualcosa in tutti quelli che l’hanno conosciuto, e che solo quella persona poteva portare. Avvicinandosi a Jerry (e ai suoi problemi), Audrey cerca di ricongiungersi a quella parte del marito che non ha mai compreso fino in fondo e con la quale non si era mai riconciliata. “Ti ho odiato per tanto tempo – confessa la donna – e ora mi sembra così stupido”. La morte di una persona cara obbliga a guardare alla vita da un’altra prospettiva. Non a caso il titolo originale è “Quello che abbiamo perso nell’incendio”. A quelle fa riferimento Audrey quando ricorda le cose che al tempo le sembravano tanto importanti e che in un incendio (accaduto molto tempo prima della morte del marito) erano andate perdute. Adesso sembra capire perché Brian le ripetesse che in fondo erano solo cose e che loro non erano stati toccati, e questa era la cosa importante. Jerry entra nella vita di Audrey e dei suoi figli, ma la sua presenza non è né semplice né tranquilla. Jerry non è (né vuole essere) un surrogato di Brian, né come padre né come marito, e ognuno dovrà trovare la sua faticosa strada, attraverso il dolore e la speranza di una nuova possibile vita. Girato con una serie di flashback che chiariscono poco a poco allo spettatore il ruolo dei personaggi, il film della danese Susanne Bier è una toccante storia di amicizia, di fatica, di rimpianti e di speranza, che può contare su un terzetto di bravi interpreti, sui quali spicca Benicio Del Toro, tanto intenso quanto efficace a mostrare quanto può il dolore cambiare la vita di un uomo.,Beppe Musicco