Nina sta da sola, meglio: è sola. In una città solitaria come può Roma ad agosto (o come lo era un tempo, ormai le vacanze non sono più quelle di una volta…). A inizio film prende in carico da un amico e dai suoi genitori la loro grande casa borghese e i relativi animali (cane, pesci, criceto). Dà lezioni di canto, studia il cinese – da un simpatico e improbabile maestro napoletano – in vista di un viaggio (forse definitivo, o forse no) nel grande paese orientale. E intanto si rimpinza di dolci e fa strani incontri: su tutti, un bambino rumoroso e saccente a guardia del palazzo (disabitato) e un giovane con cui forse intrecciare una storia d’amore. Intanto si scoppia di caldo, nel film. ,E di noia in sala. Tutto qui, infatti, per l’esordio di Elisa Fuksas, ma oltre tutto con una lentezza estenuante che rende lunghissimi gli appena 84 minuti. La figlia del celebre architetto Massimiliano, laureata anch’essa in architettura ma poi dedicatasi al cinema, dimostra di avere un quasi scontato gusto per spazi e ambienti; girare in mezzo ai palazzoni dell’Eur è una scelta estetica, narrativa e quasi ideologica, ma suona subito fin troppo programmatica e facile. È evidente, e ammesso dalla stessa regista, che la storia è un pretesto per impaginare una serie di “belle immagini”. Ma da solo, quelle, non fanno cinema. Certo, non fanno un buon film, soprattutto se – come immaginiamo – si vogliono allontanare sospetti (insomma, con tutti i giovani di talento proprio una famosa figlia di papà, e a quanto pare poco dotata, deve esordire al cinema?). Più discrezione, insomma, meno presunzione e un sano basso profilo aiuterebbero.,Invece la Fuksas si fa ammaliare dal suo stesso gusto visivo (indubbio) e si dimentica che ci vorrebbe uno straccio di storia, di appeal per un pubblico che, temiamo, non ci sarà. Sì, con un po’ di benevolenza si può indugiare sulle inquietudini di una gioventù che non sa quel che vuole, che non ha occasioni per crescere, perfino che deve scappare dall’Italia per trovare chance; ma che soprattutto vive una profonda inadeguatezza, anche di sentimenti. In realtà tutto questo è stato detto molto meglio in numerosi altri film, che si facevano seguire. Difficile, stavolta, appassionarsi ai turbamenti della pur gradevole e tutto sommato simpatica Nina.,Rimane una discreta prova della protagonista Diane Fleri, che però brillava maggiormente in ruoli di secondo piano ma in film più densi e significativi, e di buoni comprimari tra cui Luca Marinelli (sprecato, però) e il simpatico Ernesto Mahieux; maluccio invece nei loro piccoli ruoli Andrea Bosca e la sempre uguale Marina Rocco. E anche il piccolo Luigi Catani, che era molto più spigliato in La kryptonite nella borsa. Ma il problema non è lui, ma la sceneggiatura inconsistente e i dialoghi inascoltabili e sentenziosi.,Alla fine, a essere generosi, non si può che rimandare Elisa Fuksas (molto attiva anche come opinionista e blogger) a una prossima occasione; che pare sarà in una commedia maggiormente popolare. Ci si chiede perché non l’ha fatta subito, invece di realizzare un film che non sarà difficile dimenticare. E che senza il suo cognome, difficilmente sarebbe stato realizzato.,Antonio Autieri