Il film di Haneke, regista controverso e molto discusso (si pensi ad alcuni dei suoi film più recenti, come il cinico e violento “Funny Games”, o il provocatorio e fastidioso “La Pianista”), rimane sospeso, in un fragile equilibrio, tra una convincente e solida prova d’autore e una irritante e presuntuosa presa in giro nei confronti dello spettatore.,La chiave di volta sta in tutto quello che il film “non dice”. Non che “il non detto” sia una componente negativa dell’opera cinematografica. Al contrario, spesso i finali aperti o la scelta di un regista di voler lasciare molto all’intuito dello spettatore hanno ben giovato a titoli importanti della storia del cinema.,Ma questa volta, il regista austriaco (ormai francese d’adozione cienmatografica) sembra divertirsi nel non voler dire e nel non voler spiegare, finendo in quel brutto vortice dove nessun buon autore dovrebbe mai finire: il vortice dell’autocompiacimento. ,E se ci piace, allora, che il film sia in grado di farci discutere su alcuni temi interessanti come il rimorso per uno sbaglio commesso nel passato (si badi alla straordinaria prova di Auteuil), o come l’arroganza o l’indifferenza di una certa classe borghese che vuole “insabbiare” tutto ciò di cui ci si potrebbe vergognare per comodità e per interesse, o come il pregiudizio razziale, e se, in questo senso, ci piace molto quella scena in cui il protagonista, poco dopo aver assistito ad una morte spaventosa, si infila sotto le coperte sereno e tranquillo, come se su certe disgrazie fosse possibile “dormirci sopra”, non ci piace proprio la scelta di non voler rivelare, dolosamente, il senso ultimo della storia, e cioè chi è l’artefice di quella “minaccia” che incombe sulla famiglia. Anche la tanto discussa scena finale chiarisce poco, e resta, più che altro, un irritante esercizio di stile. E qui, dunque, c’è il grande bivio: a cosa abbiamo assistito? Alla straordinaria prova di un autore, che con la sua raffinatezza e con il suo genio, è in grado di “dire le cose a modo suo”, così tanto bene, che per noi, umili e semplici spettatori, la comprensione risulta troppo difficile? O forse abbiamo assistito alla prova (certo, filmata benissimo e recitata benissimo), di un regista che, convinto di essere un genio e un vero autore (forte, probabilmente, dei molti premi internazionali che gli sono stati conferiti negli ultimi anni), pensa di poter dire, e soprattutto non dire, tutto quello che vuole, a sua discrezione? ,A nostro parere, hanno fatto bene a Cannes a premiare il film per la miglior regia, perché tecnicamente e visivamente (si pensi alla “sovrapposizione” tra la realtà e il girato nelle videocassette) il film è davvero notevole e degno di lode, e anche perché, come direttore d’attori, il regista davvero ci sa fare (tutti, con lui, riescono a dare il meglio: Isabelle Huppert ne “La pianista”, e qui Auteuil e Juliette Binoche non le sono da meno). Ma lasciateci dire che le intenzioni del furbo, anzi furbissimo Haneke nei confronti dello spettatore sono francamente discutibili. Anche lo spettatore merita rispetto. E tutto questo “volutamente non detto” gliene toglie parecchio. Eccome.,Francesco Tremolada
Niente da nascondere
Un brillante intellettuale, noto conduttore di una trasmissione televisiva dove si discute di libri e di cultura, vive serenamente le sue giornate con la moglie e il figlio adolescente. Ma fuori dalle mura domestiche c’è qualcuno che spia. Che ci sia, forse, nel tranquillo menage familiare, qualche scheletro nell’armadio?