Mediocre horror tutto giocato su un paio di elementi, il buio e la claustrofobia. Lo stile è quello a cui un certo horror recente ci ha abituati, uno stile di ripresa in soggettiva con macchina da presa sballonzolante e immagini non sempre nitide. Uno stile alla Paranormal Activity con cui il regista John Erick Dodwle (Quarantena, Devil) vorrebbe accentuare nello spettatore una maggiore sensazione di coinvolgimento con le vicende. Due i problemi per questo genere di scelta registica, intrigante ma che spesso finisce per diventare un'arma a doppio taglio: giustificare in qualche modo la presenza di una videocamera in campo e portare fino in fondo una scelta così radicale. Dodwle ci riesce, sfruttando i tanti momenti oscuri del film che per una buona parte è ambientato sottoterra e lavorando discretamente sugli spazi e sugli interni. Insomma: un minimo di inquietudine viene avvertito dallo spettatore che però è spiazzato da una sceneggiatura (dello stesso Dowdle) che inciampa tra cocktail storici improbabili (Dante assieme agli alchimisti oltre ai soliti Egizi), esigenze di spiegazioni storico scientifiche che smorzano la tensione e un'approssimazione nella definizione dei personaggi principali che, mano a mano scenderanno nelle profondità della terra, vedranno materializzarsi i loro peggiori incubi. Poca roba, insomma, sia in termini di tensione pura sia anche per quanto riguardo una messinscena che, dopo qualche scossone nella prima parte, gioca al risparmio e naviga nelle acque del già visto.,Simone Fortunato,

Necropolis – La città dei morti
Un'archeologa urbana è convinta che nelle catacombe di Parigi si nasconda la leggendaria pietra filosofale.