Intorno al 1750, ai confini tra Paraguay, Argentina e Brasile, il gesuita Padre Gabriel raggiunge una tribù di Guaranì per iniziare con loro un’opera di evangelizzazione. Dopo qualche tempo si unisce alla causa anche Rodrigo Mendoza, mercante di schiavi sulla via della conversione dopo aver ucciso il proprio fratello perché innamorato della donna da lui amata. La missione è però motivo di interessi politico-strategici anche per i burocrati di Spagna e Portogallo, che giungono in uno dei villaggi con l’intenzione di avviare un commercio di schiavi verso l’Europa. Quando a costoro si aggiunge anche un emissario pontificio, mandato lì per verificare lo stato della missione e valutare i comportamenti dei gesuiti, il destino dell’intera popolazione dei Guaranì sembra essere sul filo di un rasoio, e i missionari dovranno fare l’impossibile per tenere quei territori incontaminati fuori dalle grinfie degli europei.
Diretto da Roland Joffé nel 1986, e prodotto dall’italiano Fernando Ghia, e ormai diventato un cult del cinema d’autore – anche per lo straordinario tema musicale, il “Gabriel’s Oboe Theme” di Ennio Morricone – The Mission è insieme storia di amicizia, fratellanza e fede; di quei racconti che si coprono di una veste essenziale e raffinata per arrivare in modo diretto ed efficace al cuore del loro significato.
Ed è innanzitutto lo scontro tra Natura e Uomo che le avventure di Rodrigo e Gabriel ci mostrano, a partire dalla prima scena, con un Padre Gabriel intento a scalare una parete di roccia per raggiungere un villaggio, per arrivare alla scena finale della foresta devastata in seguito alla battaglia tra indigeni ed europei. In mezzo a questi punti estremi troviamo le sfumature dell’animo umano e la sua capacita di resistenza al male, rappresentate nei potenti dialoghi tra i protagonisti, tanto scarni quanto pregni di una forza simbolica che basta a tener su l’intero film.
Elementari i tratti dei personaggi, altrettanto trattenute – e per questo straordinarie – le interpretazioni dello strano trio Jeremy Irons – Robert De Niro – Liam Neeson: nei panni, rispettivamente, di Gabriel, Rodrigo e Fielding, i tre sono uomini che prendono sul serio la propria vocazione, cercando di farsi guidare soprattutto dall’amore e dal rispetto verso il loro prossimo; se Padre Gabriel, già certo dei suoi passi, è guida e maestro di questa strana compagnia, di Rodrigo vediamo l’intero percorso: la trasformazione dello spietato criminale che, pentitosi delle sue scelleratezze, si converte per diventare davvero uomo, innanzitutto davanti a sé stesso, poi davanti agli altri. Solo prendendo sul serio la propria natura di uomini si può infatti rispettare la vita dell’altro, per quanto diversa possa apparire la sua cultura ed estraneo il suo spazio.
C’è un che di francescano, più che di gesuitico, nell’approccio dei protagonisti di The Mission (all’epoca super premiato: un Oscar alla fotografia, due Golden Globe per la sceneggiatura di Robert Bolt e le musiche di Morricone, la Palma d’oro a Cannes) alla varia e “selvaggia” umanità indigena, una solidarietà che diventa appartenenza, adesione completa a una realtà nella quale ci si identifica sempre di più e alla quale i tre protagonisti donano se stessi. Una fede perseverante in una causa che sanno essere quella giusta, certi non delle proprie convinzioni di uomini, ma di un’evidenza fondamentale, capace di guidare i tre anche verso – e oltre – la morte: «Se sei nel giusto hai già la benedizione di Dio, se sei nell’errore la mia benedizione non servirà a niente. Se è la forza che determina il diritto, allora non c’è posto per l’amore in questo mondo».
Letizia Cilea