Lunga vita a Ethan Hunt. L’agente segreto dell’IMF dimostra, al sesto film della saga ormai più che ventennale, di essere ancora in pienissima forma. Gran parte del merito va a Tom Cruise, che alla “veneranda” età di 56 anni (veneranda per un film d’azione, s’intende), corre, salta, si arrampica e pilota elicotteri come un ragazzino, ma con nel volto e nel cuore tutti i segni dell’esperienza e della maturità, facendo di Hunt indubbiamente il personaggio simbolo della sua (scintillante) carriera ed evitando quell’effetto grottesco e un po’ deprimente che fanno in genere gli attori “anziani” quando riprendono i loro ruoli cult. E anche quella buona chilata di giovane e fresco sex appeal dovuta all’innesto del superman Henry Cavill (bravo, in un ruolo non semplice), nulla può di fronte alla consumata classe di Tom davanti alla macchina da presa, in una interpretazione che regala al suo Ethan Hunt nuove acrobazie, nuova consapevolezza e nuovo fascino.

In Mission: Impossible Fallout, ottimamente diretto come il precedente da Christopher McQuarrie, Hunt, reduce da una missione fallita in cui scegliendo di salvare la sua squadra si è fatto sfuggire del plutonio, deve rimediare all’errore e sventare un pericoloso piano terroristico con bombe nucleari pronte a esplodere con effetti devastanti. Nella solita trama irracontabile ricca di intrighi, colpi di scena, inseguimenti e combattimenti corpo a corpo, il protagonista sarà affiancato da vecchi amici, ritroverà antichi nemici, ne affronterà di nuovi – menzione speciale per l’affascinante Vedova Bianca interpretata dalla magnetica Vanessa Kirby, la principessa Margaret di The Crown – e farà soprattutto i conti con il proprio passato.

Se il film e la sceneggiatura hanno il pregio di mantenere a livelli altissimi il ritmo, davvero adrenalinico e che non mostra mai segni di cedimento, senza arzigogolarsi troppo sugli intrecci spionistici, e la regia non ha un attimo di sbavatura, il principale punto di forza di questo nuovo capitolo sta nell’inattesa profondità dei sentimenti che affiorano da quella buona tonnellata di (eccellente) azione. Sentimenti come l’amicizia – nel rapporto con i compagni di squadra Benji e Luther (Simon Pegg e un quasi commovente Ving Rhames) -, la lealtà nei confronti del suo capo Alan Hunley (Alec Baldwin) e l’amore, perché Ethan dovrà tirare le somme dei sentimenti che lo hanno legato alle donne della sua vita, l’amatissima moglie (Michelle Monaghan) e la spia Ilsa (Rebecca Ferguson). Ma è anche e soprattutto il momento in cui Hunt fa un bilancio e si interroga sul senso del proprio mestiere di agente segreto, sulla propria etica, sui sensi di colpa di non aver saputo fare “abbastanza” e di non essere stato perfetto, tormentato dalla domanda se una sola vita umana valga quanto un milione di vite umane. Lunga vita a Ethan Hunt, dunque, perché se le cose stanno così , ne siamo certi, lo rivedremo presto accettare una nuova, adrenalitica, missione impossibile (questa recensione si autodistruggerà tra 5 secondi).

Maria Elena Vagni