Miss Marx è Eleanor, figlia di Karl Marx. La vediamo all’inizio del film, al funerale del pensatore  e politico autore del Manifesto del Partito Comunista. Eleanor Marx (che tutti chiamano Tussy), la sua figlia più piccola, vive nel suo culto e nella sua memoria, e lei stessa porta avanti lotte operaie e rivendicazioni per i più umili e per le donne. Donne che sono maltrattate anche dai “compagni”. La conferma gli arriverà non solo da segreti di famiglia – Marx era poco attento agli affetti familiari – ma anche dall’incontro con lo scrittore e attivista socialista Edward Aveling: un amore tanto appassionato quanto difficile per l’inettitudine e l’egoismo dell’uomo. Un amore che diventerà fonte di grave sofferenza, unita alla considerazione di quanto la donna fatichi a trovare un suo posto nella società di fine Ottocento.

Presentato in concorso alla Mostra di Venezia 2020, Miss Marx è il quarto film di Susanna Nicchiarelli: una coproduzione internazionale (girata in inglese, con attori soprattutto britannici), come il suo precedente film Nico, 1988; un altro film biografico, sulla cantante Christa Päffgen. Anche qui la regista conferma il suo talento e il suo gusto per una narrazione contemporanea pur utilizzando immagini classiche e costumi per una storia di fine Ottocento; ma innervando la vicenda con una regia mossa e nervosa (che propone sempre scelte originali e non scontate), mentre al film danno un grande contributo l’interpretazione eccellente di Romola Garai e una colonna sonora che propone brani di musica classica o contemporanei con arrangiamenti rock suggestivi, nonché immagini storiche di repertorio che si inseriscono bene nella narrazione.

Ben scritto, con dialoghi acuminati ma che possono anche risultare ridondanti (soprattutto a chi conosce poco la materia) e scene chiave forti ma senza scadere nella retorica, Miss Marx è una bella riuscita al netto di qualche appesantimento qua e là. La protagonista – brillante, colta, appassionata, desiderosa di libertà e rispetto per le donne – ci scava dentro e ci conquista, con il suo furioso desiderio di giustizia, sociale ma anche personale (fanno davvero male le ambiguità dei capi del marxismo e del comunismo, bravi a parlare ma molto meno a rispettare davvero le donne, mogli e figlie comprese).

La regista rischia a tratti la didascalia, ma evita le soluzioni più facili e banali, rischiando soprattutto nel sottofinale (con la figlia di Marx scatenata in un ballo liberatorio ma non pacificato) e raggiungendo una maturità stilistica e narrativa notevole. Un film non per tutti, forse, ma consigliato non solo a chi ama i film storico-politici, ma che piacerà anche a chi si farà toccare dalle vicende dolenti di una donna forte e fragile al tempo stesso, che oltre che giustizia chiedeva alla vita amore e felicità.

Antonio Autieri