Un bambino di pochi anni, Kun, è in agitazione per il ritorno dei genitori, in ospedale per la nascita di una bambina. E quando arrivano con quel fagottino in braccio, inizialmente il bimbo è tutto pieno di stupore e amore per la sorellina. Ma ovviamente ai primi pianti e attenzioni esclusive dei genitori, Kun reagisce con capricci, urla, gelosia e perfino atteggiamenti minacciosi verso la neonata. Nonostante le promesse iniziali di non farle del male, proteggerla, andare d’accordo con lei… E mentre i genitori si interrogano sui modi con cui portano avanti il ruolo di padre e madre, il ménage familiare è sconvolto dalla novità della sorellina cui viene posto il nome benaugurante di Mirai (che significa “futuro”). A risollevare Kun, decisamente in crisi, è l’ingresso improvviso in un mondo magico nel quale può dialogare con la “Mirai” del futuro, ovvero la sorella ormai grande, con la versione umana del cane di famiglia e perfino con la figura del bisnonno morto da poco. In questa “dimensione parallela” imparerà molte cose, utili per la vita normale…
Presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes 2018 nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, Mirai è diretto dal regista Mamoru Hosoda, già autore dei pregevoli La ragazza che saltava nel tempo, Summer Wars e Wolf Children, da sempre attento a temi della famiglia e dai rapporti che ne regolano i componenti. Formatosi in Toei Animation, dove è tornato dopo una breve parentesi allo Stufio Ghibli di Hayao Miyazaki, Hosoda ripropone modalità e disegni consuete e l’ormai familiare formula che consente di divertire i bambini ma al tempo stesso rivolgendosi – per sensibilità e per temi trattati – anche agli adulti. La rappresentazione della famiglia che va in crisi per la nascita del secondo figlio e per le tante tensioni e difficoltà connesse è simile a tanti altri film “live” (con le consuete scene di problemi pratici, agitazioni, goffaggini soprattutto del papà…), ma qui c’è un surplus di “cattiveria” iniziale, tra le reazioni violente – contro la sorellina ma anche contro i genitori – di Kun e le battute acide della moglie verso il marito.
L’aspetto più originale è il mondo fantastico che si dischiude accanto a quello reale, anche se i continui andirivieni stancano un po’. Il risultato non è all’altezza dei capolavori dell’animazione giapponese, ma se in alcuni momenti l’ispirazione non sembra sorreggere l’autore, in altri si vola, letteralmente e non. Il momento migliore è la riscoperta delle proprie radici di famiglia attraverso la figura del coraggioso e aitante bisnonno e della sua storia d’amore con la futura moglie: senza le azioni e le scelte di quei progenitori, si sente dire Kun dalla Mirai “del futuro”, noi non ci saremmo. Da cui una consapevolezza che può convincere anche un bambino ad accettare il suo ruolo di fratello maggiore e figlio, e decidere finalmente di crescere serenamente.
Antonio Autieri