Opera seconda di Alessandro Piva, che si mise in luce tre anni fa con “Lacapagira”, “Mio cognato” è stato definito il remake pugliese de “Il Sorpasso”. Con Sergio Rubini, gaglioffo e impelagato in affari poco puliti (di cui sappiamo poco) nella parte che fu di Vittorio Gassman e Luigi Lo Cascio in quella di Trintignant. A Lo Cascio, nel ruolo di un giovane timido e psicologicamente represso (ma sempre sul punto di esplodere), rubano l’auto durante il battesimo del figlio di Rubini, fratello della moglie. Che, amico di malavitosi di vario genere, di malavoglia si prende l’incarico di aiutare il cognato a ritrovare il veicolo. I due non si piacciono: quanto il primo è ingenuo e rispettoso delle regole (tanto da sembrare straniero nell’ambiente barese in cui vive) tanto l’altro è costantemente sopra le righe e, oltre tutto, irrispettoso di tutto e di tutti. Tranne a criminali di grossa taglia a cui, par di capire, ha pestato i piedi. In un giornata convulsa e piena di incontri strampalati e di allarmanti pericoli, i due hanno modo di scontrarsi e poi di accettarsi. E ritroveranno anche l’auto, anche se per poco…,Parte come una commedia, anche se venata di grottesco, ma pian piano le tinte fosche prevalgono sull’affresco d’ambiente, fino a un finale che può far storcere la bocca a parte del pubblico (e suona “penalizzante” per i protagonisti, ma non è incongruente). Il risultato finale sembra un po’ un ibrido tra stili e punti di vista su un ambiente, sul cui giudizio si oscilla dalla condiscendenza alla condanna: e anche con troppe metafore e vezzi stilistici. Servito però da due protagonisti in forma, e da caratteristi gustosi per veridicità linguistica, “Mio cognato” si lascia vedere con piacere, anche se i troppi rimandi (soprattutto al “Sorpasso”, ma in fondo anche a “Ladri di biciclette”) danno un sapore di deja vu. Comunque un film che merita attenzione almeno per la professionalità con cui è stato realizzato: un bel film “medio”, con qualche ambizione di riflessione “sociologica”. Anche se il risultato finale potrebbe lasciare l’amaro in bocca: di fronte alla violenza non serve a niente l’amicizia e la solidarietà ritrovata tra due “ex estranei”?.,Antonio Autieri,
Mio cognato
Due cognati in cerca di un’auto rubata, tra malavitosi, gente bislacca e un rapporto di diffidenza reciproca