Robusto e avvincente thriller tratto dal primo romanzo della fortunata trilogia omonima di Stieg Larsson. Rispetto all’adattamento svedese, Uomini che odiano le donne di Niels Arden Oplev (il migliore della trilogia cinematografica svedese), il remake diretto da David Fincher ha molte carte in più. Innanzitutto il fascino e la fisicità dei due protagonisti: Daniel Craig credibile nei panni di Blomkvist e apprezzabile per essersi ben adattato a un personaggio tutt’altro che divistico e Rooney Mara (giovane attrice emergente, già vista nel precedente film di Fincher The Social Network: era la ragazza del protagonista), qui alle prese con un personaggio difficile e ambiguo che, anche per l’interpretazione efficacissima di Noomi Rapace, era indubbiamente la cosa più interessante del film svedese. Mara, che è più giovane di Rapace, infonde al personaggio una nota meno selvaggia e più adolescenziale che non disturba.
Non sono le uniche cose riuscite: Fincher che ha alle spalle tanti e tosti thriller fisici e malsani, da Seven a Fight Club fino al suo titolo più bello e sottovalutato, Zodiac, mantiene nominalmente gli stessi personaggi del romanzo e del film, annulla quasi completamente le belle e glaciali ambientazioni scandinave per concentrarsi sui temi cari al proprio cinema: la solitudine, l’essere intrappolati in un mondo di cui si fatica a riconoscere le regole, la sfida impari con il Potere. Così Fincher (insieme all’esperto sceneggiatore Steven Zaillian) dà molto spazio a Mara, nuova sua eroina dopo la Weaver del bell’esordio Alien 3 e la Foster di Panic Room in lotta contro dei potenti senza volto. Illuminato dalla splendida fotografia del fido Jeff Cronenweth e ricco di un grande cast che comprende tra gli altri Christopher Plummer, Robin Wright e Stellan Skarsgard, Millennium è un thriller solido e inquietante, segnato dallo stile diretto e fisico del regista di The Game che non tira indietro la macchina da presa di fronte alla violenza fisica e psicologica che subiscono ma anche compiono i protagonisti. L’aspetto controverso, come già nel film di maggior successo di Fincher, Seven, sta in questo, in una rappresentazione della violenza e del male sin troppo diretta che lascia senza parole e che in alcuni momenti pare compiaciuta. Per il resto il film è uno di quei pochi casi in cui il remake è superiore all’originale cinematografico.
Simone Fortunato