Bella commedia brillante e elegante, senza dubbio il film più riuscito di Allen dai tempi di Match Point. Allen continua a parlare di sé nei propri film e lo fa con i soliti ottimi attori (in questo caso il più bravo di tutti è il simpatico, buffo Owen Wilson), il solito parco di caratteristi che rubano la scena ai protagonisti (come i genitori della McAdams interpretati da Kurt Fuller e Mimi Kennedy, perfettamente in parte) e con il solito schema, quello consolidato da ormai tanti anni a questa parte. Un protagonista in crisi, diviso da problemi sul lavoro e complicanze affettive; un ambiente borghese tanto ricco quanto affettato e culturalmente povero sullo sfondo; la cornice di una città affascinante e suggestiva come Parigi. L'idea alla base di Midnight in Paris è semplicissima: prendere uno scrittore deluso e fargli incontrare i miti della sua vita: scrittori come Hemingway e Eliot, artisti come Matisse e Dalì, musicisti come Cole Porter, registi come Bunuel. Il cambio di registro dall'ironia malinconica delle prime sequenze al fiabesco onirico delle parte centrale è la cosa migliore del film, anche per la presenza di alcune sequenze argute e divertentissime come quella del dialogo surreale con i surrealisti. In generale si respira un'aria più fresca e meno opprimente degli ultimi disperati film del regista americano e si rivivono certe atmosfere leggere e sospese di un grande film come La rosa purpurea del Cairo. Nonostante la leggerezza, rimangono i temi cari all'ultimo Allen: la caducità delle cose, la legge del Caso e l'incomprensibilità della vita. In effetti tutti i personaggi vivono come in una prigione da cui vorrebbero scappare, tutti rimpiangono i bei tempi andati. Lo fa il protagonista che lamenta di non poter vivere in pianta stabile a Parigi come scrittore quando invece lavora suo malgrado come sceneggiatore a Hollywood; si lamentano anche gli scrittori, intellettuali e anche la bellissima misteriosa donna che colpisce tanto il biondo protagonista: la felicità è altrove ed è sfuggente, come tutto della vita fugge, soprattutto quando in gioco ci sono i rapporti più veri anche se il finale, aperto, lascia sperare in qualcosa di diverso. Forse, a rimanere come unico elemento di stabilità è la passione, non certo il nozionismo sterile di cui si riempie la bocca il personaggio del professore interpretato da Michael Sheen, ma la passione verace che riempie la vita e poggia sulle contraddizioni di questa, l'amore per il bello che attraversa i personaggi pieni di vita dei vari Hemingway, Porter e compagnia geniale. Forse, ci indica Allen, proprio questo riscatterà il valore di un vita di cui si fatica a cogliere il senso; forse rimarrà questo di noi, dopo che tutto sarà passato via e dopo che tutto si sarà compiuto: la nostra passione per il bello e per i più talentuosi, il ricordo delle proprie opere.,Simone Fortunato