Fausto Brizzi è scrittore e regista di film di successo, a partire da Notte prima degli esami, Ex, Maschi contro femmine, Poveri ma ricchi. Il suo ultimo film Se mi vuoi bene è tratto, almeno in parte, da un suo romanzo: Diego (Claudio Bisio) è solo. Guardando il pubblico si dichiara depresso, come molti altri personaggi storici, e con l’intenzione di farla finita. Comincia a telefonare ai suoi cari per un ultimo saluto, ma gli va male. La figlia che lavora troppo non è mai disponibile, la ex moglie (Maria Amelia Monti) non lo sopporta, il fratello (Gian Marco Tognazzi) neppure e anche i suoi genitori (divorziati anch’essi) lo scaricano, continuando a recriminare.

Dato che anche il tentativo di suicidio si risolve ridicolmente, Diego esce e, passeggiando, si trova davanti a un bizzarro negozio la cui insegna dice solo “Chiacchiere”. A gestirlo, Massimiliano (Sergio Rubini), un simpatico vedovo che tiene aperto il locale per chi vuole fermarsi, giocare a calciobalilla, parlare un po’ e assaggiare i biscotti che lui stesso sforna. A Massimiliano tiene sempre compagnia Edoardo (Flavio Insinna), attore in perenne e sfortunata ricerca di una scrittura. Aprendosi con loro, Diego si convince che per cambiare e uscire dalla sua depressione deve fare del bene ai suoi cari ed amici. Spalleggiato da Massimiliano ed Edoardo, si butterà nell’impresa, ma il compito si rivelerà più difficile del previsto.

Lo stesso Brizzi ha classificato il suo film come una commedia drammatica (o “dramedy”, come la definiscono gli americani), ma la definizione ci pare un po’ fuori squadra. Il cast è composto per la maggior parte da attori brillanti, e anche il ruolo più drammatico (il depresso) sembra molto “sui generis”, forse anche per i ruoli cui Bisio ci ha abituati. Rubini è già più pacato, ma sembra anche lui più che altro fare da spalla al protagonista. Con così tanti personaggi (a quelli già citati bisogna aggiungere almeno altri tre amici e un ex avversario sportivo del padre) il film è costretto a procedere a sbalzi e quadretti, abbozzando appena le figure dei vari presenti, per dedicare un po’ di tempo a tutti, ma i risultati, nonostante gli sforzi di Bisio per tenere tutto insieme, sono alquanto precari. Tra le tante cose che lasciano perplessi, la poca verosimiglianza di certe situazioni: la pochade delle due coppie impegnate a tradirsi nello stesso momento in due stanze differenti della stessa casa, il fratello pittore scarso che di colpo viene “scoperto” e trova successo in America, la scena della “Rage Room” dove si può spaccare tutto per sfogarsi; per non parlare dei discorsi grevi a sfondo sessuale della madre (davvero non si poteva trovar di meglio per Valeria Fabrizi?).

Se il tema voleva essere la depressione e suggerire che la cura sia dedicarsi agli altri, ci sembra un nobile intento, ma dallo svolgimento alquanto approssimativo, e molto lontano dalla commozione che il regista ha dichiarato di voler suscitare. Se lo scopo era far ridere, nonostante il cast e la partecipazione di vecchie glorie come Memo Remigi e Cochi Ponzoni, appare riuscito solo in parte. Se lo scopo era spingere a leggere il libro per fare confronti, lasciamo ad altri di effettuare questo paragone.

Beppe Musicco