La morte di Harry Dean Stanton dice forse poco al grande pubblico ma tanto agli appassionati di cinema. L’attore statunitense, morto sabato 15 settembre a 91 anni, è una di quelle “facce da cinema” che si vedono in tanti film, senza magari sempre ricordare il nome. Nato a Irvine, in California, nel 1926, nella sua carriera partecipò a più di cento film indipendenti e cult (Strada a doppia corsia, 1997: fuga da New York e Repo Man, il recuperatore) nonché in produzioni hollywoodiane (Alien, Nick mano fredda, Il padrino – Parte II, Alba rossa, Bella in rosa, Il miglio verde, fino al primo The Avengers, solo per citarne alcuni). Ma con il tempo, divenne caro ad alcuni registi importanti, su tutti David Lynch: dopo un ruolo in Cuore selvaggio, fu il fratello del protagonista di Una storia vera; ma apparve anche in Inland Empire, mentre uno dei suoi ultimi ruoli è stato nuova serie di Twin Peaks. Ma l’attore californiano, con all’attivo numerosi western nella Hollywood degli anni 50 e 60, fu molto amato anche da Sam Peckinpah, John Milius e Monte Hellman; e fu grande amico di Francis Ford Coppola (nel Padrino II, appunto, ebbe una parte: quella di un agente dell’FBI a protezione di un testimone). Anche autori europei lo chiamarono a lavorare con loro: il suo ruolo più celebre è quello di Travis, protagonista del bellissimo Paris, Texas di Wim Wenders (Palma d’oro a Cannes nel 1984); difficile dimenticare quell’uomo dallo sguardo smarrito e i suoi silenzi e segreti. Mentre pochi anni fa, nel 2011, Paolo Sorrentino lo volle nel cast del suo film americano This Must Be the Place, in un piccolo ma gustoso ruolo.
Molto amato dal grande critico Roger Ebert, ricordiamo Harry Dean Stanton anche in un paio di film di Nick Cassavetes (She’s So Lovely – Così carina, 1997 e Alpha Dog, 2006), in Basta guardare il cielo di Peter Chelsom (1998), La promessa di Sean Penn (2001) e un piccolo ruolo, cesellato come sapeva fare lui in The Last Stand – L’ultima sfida di Kim Jee-Woon (2013), buon action con Arnold Schwarzenegger. Ma Stanton, attore davvero poliedrico e di gran classe, si regalò anche una partecipazione “in voce” come doppiatore del film di animazione Rango diretto da Gore Verbinski (2011). Tra gli ultimi suoi film già girati che devono ancora uscire c’è anche Lucky, esordio alla regia dell’attore John Carroll Lynch (con raro cameo del regista David Lynch, quasi omonimo e appunto amico di Stanton) presentato al festival di Locarno quest’estate. Ennesimo western contemporaneo ed esistenziale della sua carriera, con un anziano che rimugina sul passato e pensa a cosa gli resta da vivere: chi l’ha visto a Locarno parla di un ruolo-testamento di Stanton, l’uscita di scena migliore possibile per questo caratterista a volte protagonista. Sempre in grado di farsi ricordare, comunque.
Antonio Autieri
Il trailer di Lucky, uno dei suoi ultimi film (ancora inedito in Italia)