Thomas Anderson è “un uomo qualunque” le cui giornate sono scandite dal monotono lavoro in ufficio presso una società di software. La noiosa esistenza del signor Anderson sembra trovare un significato soltanto di notte, quando l’uomo si trasforma in un abile hacker informatico conosciuto come Neo: questa seconda attività rappresenta un’opportunità per allargare i propri orizzonti al di fuori del mondo conosciuto, un mondo percepito come una gabbia. Su Internet circolano leggende su un’entità non ben definita di nome Matrix. Per Neo, il desiderio di scoprire la verità riguardo alla propria esistenza si manifesta in particolare nella domanda che più di tutte lo ossessiona: che cos’è Matrix? Morpheus, una celebrità tra i pirati informatici, una sera contatta Neo e si offre di fornire una risposta ai suoi interrogativi. Il giovane scopre così che il mondo conosciuto è soltanto una realtà virtuale percepita dagli uomini tramite impulsi elettrici inviati al cervello: Matrix è questo sistema, creato migliaia di anni fa. Allora, all’alba del (vero) ventunesimo secolo, fu costruita un’intelligenza artificiale che a sua volta generò macchine pensanti: per fermare il loro sviluppo, l’uomo oscurò il sole, da cui esse si alimentavano, ma le macchine iniziarono a trarre la propria energia dalla bioelettricità e dalle calorie prodotte dai corpi umani, riducendo gli esseri viventi in schiavitù. La realtà di Matrix è stata creata per tenere gli uomini sotto controllo.
Difficile scegliere da che parte cominciare per parlare di questo film dei fratelli Wachowski, un mainstream dai numerosi spunti narrativi e di riflessione. La messa in dubbio delle certezze riguardanti la realtà percepibile coi sensi è un’eco del mito della caverna di Platone, ma soprattutto del pensiero cartesiano. A proposito del rapporto tra verità e illusione, in diversi punti del film si fa altresì riferimento alla fiaba di Alice nel paese delle Meraviglie per paragonare Neo (un iconico Keanu Reeves) alla bimba che si smarrisce e Morpheus (indimenticabile Laurence Fishburne nel ruolo) al bianconiglio che la guida. Non si dimentichi, inoltre, che lo stesso nome di Morpheus si ispira a quello della divinità greca legata al mondo dei sogni. Nelle osservazioni dell’agente Smith circa il genere umano e la sua caratteristica atipica di non stabilire un equilibrio con l’ambiente circostante è ravvisabile il pensiero evoluzionista.
Naturalmente, Matrix contiene anche alcuni topoi della letteratura e del cinema di fantascienza, uno su tutti quello della singolarità: l’innovazione tecnologica raggiunge livelli tali per cui l’uomo non è più in grado di stare al passo con lo sviluppo delle macchine da lui costruite (di qui la possibilità di una loro rivolta). Dal cyberpunk è tratto il termine “matrice” inteso come sistema informatico che simula una realtà fittizia del quale l’utente può entrare a far parte, grazie a innesti nel proprio corpo.
L’elemento fantascientifico, d’altra parte, fa da sfondo a un impianto filosofico il cui fulcro è l’identificazione di Neo con “l’eletto”, colui che, solo, sarà in grado di liberare definitivamente la razza umana dalla schiavitù. Su queste premesse, il personaggio si configura, di volta in volta, come supereroe, guida politica, profeta se non addirittura semi-dio.
La speculazione che sta alla base di Matrix è evidentemente il tentativo ambizioso di dare credibilità e spessore a un film che in realtà si distingue soprattutto per le scene d’azione e di combattimento: la vera novità della pellicola consiste infatti nell’uso smodato e nell’evoluzione del bullet time, effetto speciale che dà allo spettatore l’impressione di girare a velocità normale attorno ad una scena che si svolge in slow-motion. Per quanto l’apparato filosofico (e la realizzazione di due sequel di cui si faceva anche a meno) abbia contribuito a renderlo un film di culto per un’intera generazione, Matrix è ricordato soprattutto per le acrobazie surreali di Neo e co., i giacconi di pelle e gli occhiali scuri. Comunque, bel tentativo: chi era giovane nel ’99 non può non amarlo.
Maria Triberti