Ne è passato di tempo da quando Abel Ferrara, da solo (“Il cattivo tenente”) o insieme al professore di filosofia cattolico Nicolas St.John – che dava rigore di scrittura a un artista più bravo a girare che a scrivere – regalava alle platee mondiali film pieni di inquietudine. E con forti rimandi religiosi, per quanto da “irregolare maudit”: “Il cattivo tenente” era una parabola di caduta e redenzione in un contesto squallido e violento, dove la riscossa umana di un poliziotto corrotto avveniva a seguito del brutale e blasfemo stupro di una suora. “The Addiction” parlava di Male e di Grazia in una storia di vampiri intrigante e visionaria. “Fratelli”, il suo film più compatto raccontava – ormai dieci anni fa – di una famiglia a parole religiosa ma squassata dalla violenza e da una sete di vendetta che offuscava giustizia e libero arbitrio. Da un decennio – con la sola parentesi di “Il nostro Natale”, circolato pochissimo in Italia – Ferrara ci delude con film appena abbozzati, irrisolti, narrativamente sconclusionati. Per “Mary”, che segna il suo debutto nel nostro paese in un film prodotto da imprenditori italiani che gli hanno (ahinoi) chiaramente lasciato la briglia completamente sciolta – come si fa a produrre un film senza che un vero produttore faccia il suo mestiere, ovvero interloquire con l’autore? – il danno è duplice. Se più che un film sembra un abbozzo, un documentario o un backstage (da intitolare “Appunti per un film su Maria Maddalena”) anche se non arriva agli eccessi di sconclusionatezza di “Blackout” o “New Rose Hotel”, “Mary” risulta anche deludente per i contenuti “religiosi”, che pure hanno entusiasmato non pochi a Venezia.,Non che il film non manchi di spunti interessanti, soprattutto nelle figure dell’attrice in crisi (Juliette Binoche) dopo aver concluso il film ‘Questo è il mio sangue’ e dell’anchorman newyorchese (Forest Whitaker), interpretate con la consueta sensibilità dai rispettivi attori (mentre è sempre sopra le righe Modine, come il suo ruolo del regista odioso chiede ma anche senza lo spessore; la sua carriera si è fermata a “Full Metal Jacket” e “Birdy”). Soprattutto la figura del giornalista nero – che tradisce la moglie incinta e implora la Croce al capezzale di lei, che rischia di morire durante il parto – non può non toccare. Ma, tralasciando l’“originalità” narrativa, certi dialoghi (“Ci vuole coraggio a diventare pienamente umani”; “A volte per un’attrice è difficile uscire dal personaggio”: sic!) e situazioni sfiorano il ridicolo (come la telefonata di Whitaker alla sconosciuta Binoche, che lo rincuora e lo esorta a pregare per la salvezza di moglie e bambino; ma con un tono sentimentale che irrita). Mentre lo stile criptico e il ritmo ipnotico non aiutano lo spettatore medio a seguire con un minimo di interesse.,E più volte spunta come obiettivo polemico di Ferrara il famigerato “The Passion” – più volte attaccato con violenza dal regista come mix di fanatismo e amore al dollaro – a sviscerare in profondità il corpus teologico che sta dietro al film c’è da mettersi le mani nei capelli. Di Vangeli si accettano solo quelli apocrifi; Maria Maddalena era il dodicesimo apostolo, «vera erede di Cristo» eliminata dalla congiura degli altri undici con a capo un Pietro invidiosissimo; senza parlare di alcuni intervistati “veri” nel finto programma tv – come Amos Luzzatto, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ma anche un monaco di Camaldoli (che riduce Cristo all’“amico dei poveri e degli ultimi”), una scrittrice esoterica e un sacerdote ortodosso appassionato di buddismo – che contribuiscono a rendere ancora più pasticciato il contesto. In sintesi, par di capire che Gesù era solo un uomo, che la parte femminile della sua missione è stata censurata dalla Chiesa (di cui si può fare tranquillamente a meno). Oscillando tra sentimento religioso esteriore e tesi goffamente eretiche e non dimostrate (viene citata L’ultima tentazione, ma come non pensare anche a Il codice da Vinci?). Intanto il personaggio di Mary – che doveva essere il cuore del film ma che a un certo punto viene “dimenticato” a Gerusalemme – finisce su una barca di pescatrici che sembrano gli Apostoli al femminile. Epilogo al tempo stesso confuso e lampante di quel che aveva in mente il nostro Abel.,Antonio Autieri,