Già produttore dell’inglese Full Monty, l’italiano Uberto Pasolini (che a dispetto del nome non è nipote di Pier Paolo, bensì di Luchino Visconti) dirige Machan (“amico” in cingalese), presentato nella sezione Giornate degli Autori, a lato della 65ma Mostra del Cinema di Venezia. La commedia (tratta da una storia realmente accaduta) è ambientata a Colombo, capitale dello Sri Lanka, nelle baraccopoli della città, tra la gente che si arrangia con scarsa fortuna: i due protagonisti sono Manoj e Stanley, rispettivamente barman e venditore ambulante di arance. Per loro ci sono ben poche prospettive per mantenere la famiglia e risollevarsi dai debiti che li strozzano. L’unica sarebbe cercare miglior sorte all’estero, magari in Germania. Ma l’impresa è impossibile, visto che i due non hanno appoggi o inviti dal paese europeo. Perlomeno fino al momento in cui Stanley trova un volantino che pubblicizza un torneo di pallamano in Baviera per l’amicizia tra Oriente e Occidente. Mettere in piedi una squadra “posticcia” sembra ai due (che non hanno la minima idea di come si giochi a pallamano) una gran cosa, che permetterà loro finalmente di espatriare e, una volta arrivati in Germania, darsi alla macchia. Naturalmente la voce si sparge, per cui non c’è giorno che alla fantomatica “Nazionale dello Sri Lanka di Handball” non si aggiunga qualche colorito elemento pronto a partecipare all’avventura.
Per tutta la sua durata il film si mantiene su toni agrodolci: leggeri (finanche comici) quando descrive i tentativi di imparare qualcosa dello sport sconosciuto o nella descrizione di componenti della squadra, malinconici quando mostra le motivazioni per cui i falsi giocatori si aggregano; chi spera di poter mantenere la famiglia, chi scappa dai creditori che gli hanno portato via anche il tetto della baracca, chi fugge dalla guerra e dalla violenza. A tutti l’Europa appare come l’unica possibilità, anche se con la triste consapevolezza del distacco dalla terra e dai volti che si amano.
Beppe Musicco