Pessimo horror diabolico, che ricicla idee trite e ritrite per quanto riguarda il genere e chiude in un finale tanto inverosimile quanto mal fatto. L'idea è quella del mockumentary, il finto documentario che ormai da qualche anno sembra sempre più prendere piede nel cinema indipendente americano. Ci sono tanti esempi, alcuni significativi come I'm still here (2010), il film che l'attore Casey Affleck ha dedicato a un altro attore, Joaquin Phoenix pronto a intraprendere la carriera musicale o l'incredibile, delizioso Forgotten Silver (1995) con cui Peter Jackson faceva risalire l'invenzione del cinema al neozelandese Colin McKenzie. E anche l'horror ha avuto i suoi falsi documentari, alcuni dei quali di enorme successo come The Blair Wich Project (1998), Rec (2007) e Paranormal Activity (2008), tutti film segnati da una confezione assai povera, da un uso frequente della soggettiva che restituisse quell'effetto verità che avrebbe materializzato con ancora maggior forza il male, i mostri e le creature diaboliche, irrimediabilmente finte, negli horror tradizionali. L'ultimo esorcismo si inserisce in questo filone che nelle ultime stagioni ha già lasciato sul campo numerosi morti e feriti (si veda da questo punto di vista l'improponibile thriller soprannaturale Il quarto tipo): la novità, si fa per dire, è che questa volta è il diavolo a essere vero. Confezione amatoriale, una lunga prima parte in cui non succede nulla di orribile ma necessaria per fare la conoscenza del reverendo Cotten, predicatore affascinante ma da tempo in crisi religiosa, nonostante continui a predicare e, all'occorrenza, a predicare esorcismi. Fino all'ultimo, decisivo, durante il quale sarà accompagnato da una troupe cinematografica incaricata di realizzare un documentario sul pastore. Il tedesco Daniel Stamm non ha troppe idee e come spesso accade a registi non troppo ispirati, si mette a copiare: qui i riferimenti sono all'ovvio L'esorcista di Wiliam Friedkin (1973) capolavoro del genere ma anche all'interessantissimo The Exorcism of Emily Rose (2005) alla cui protagonista, un volto e un corpo difficile da dimenticare, guarda con discreti risultati la giovane Ashley Bell, decisamente la cosa migliore del film. Per il resto, L'ultimo esorcismo è una banalizzazione, senza neanche essere troppo spettacolare o inquietante, del rapporto uomo-male di cui i film sopra hanno restituito immagini potenti e sequenze dal forte sapore metaforico. Irritante nel voler accostare il problema del male e del diavolo all'ignoranza e alla superstizione tipica secondo il regista e il suo alter ego, il reverendo, del Sud degli Stati Uniti, L'ultimo esorcismo parte discretamente, ha una parte centrale con protagonista il padre ambiguo della ragazza, sviluppata assai male e chiude con un finale rozzo, tagliato con l'accetta e, va da sé, ideologico per cui i veri cattivi sono sempre i soliti noti vestiti di nero. Produce Eli Roth, il regista di Hostel: una garanzia, almeno fino ad oggi, di horror pessimi.,Simone Fortunato,

L’ultimo esorcismo
Un reverendo in crisi religiosa decide di compiere un ultimo esorcismo.