Quando Brian e Melinda si incontrano, lui è entrato nella sua concessionaria per comprare un’automobile – ma è palesemente incerto – e lei dovrebbe riuscire a vendergliela. Ma Brian ha un impaccio che le smonta eventuali velleità da venditrice aggressiva, nonostante l’abbigliamento elegantemente provocante. Lui invece è conquistato dalla sua gentilezza, e dal fatto che Melinda non sappia assolutamente chi è: Brian Wilson, vent’anni prima cantante sulla cresta dell’onda, non a caso fondatore e leader dei mitici Beach Boys (il gruppo californiano che spopolò negli anni 60). Ora, peraltro, è un uomo sfatto, precocemente invecchiato e smarrito a causa una lucidità molto relativa dopo eccessi di ogni tipo. Soprattutto, e Melinda lo capisce quando vede arrivare in suo “soccorso” guardie del corpo e un medico ambiguo, è un uomo facilmente in balìa degli altri.
È un film biografico e originale questo Love & Mercy (dal titolo di una canzone solista di Wilson, quando uscì dal tunnel in cui era finito proprio grazie alla donna che divenne sua moglie), che poggia solo in parte – ma è un bel sentire – sulle celeberrime canzoni del periodo d’oro come “Good Vibrations”, “Surfin’ USA”, “Fun fun fun”, “A get around” e “Barbara Ann”. A cominciare dal fatto che a interpretare il protagonista sono due attori importanti: Paul Dano da giovanissimo cantante e frontman del gruppo che precedette i fenomeni di isteria collettiva che pochi anni dopo furono dei Beatles; e poi John Cusack nella fase matura, si fa per dire considerando il suo totale sbandamento. Il gruppo da lui guidato era molto unito, formato da Wilson con due fratelli, un cugino e un amico di infanzia: e nonostante questo a un certo punto andato in crisi, a causa del temperamento instabile di Brian e della sua eccessiva confidenza con le droghe.
Il film alterna passato e presenta di continuo, giocando anche visivamente con una fotografia sgranata a ricreare gli anni 60, e pian piano ci svela motivi e segnali del futuro crollo del protagonista, a cominciare da un rapporto molto conflittuale con un terribile padre. Se i flashback sono molto interessanti, per la straordinaria interpretazione di Paul Dano (attore tra i più interessanti tra i giovani di Hollywood: dal suo exploit giovanile in Miss Little Sunshine – era il ragazzo che si rifiutava di parlare – alla superba prova in Il petroliere, fino all’aguzzino di 12 anni schiavo e anche alla prova in Youth di Paolo Sorrentino) e per la capacità di descrivere con realismo sia la fase dei successi che la perdita di contatto con la realtà di Wilson e i suoi screzi con i compagni, più convenzionale è la narrazione al presente. John Cusack è piuttosto convincente ma anche abbastanza canonico nel rappresentare la star in disarmo e totalmente alla deriva; e se a Elizabeth Banks calza bene la parte della donna disillusa che ritrova se stessa nella “missione” di salvare Brian, l’altrove sempre bravo Paul Giamatti ha il ruolo ingrato e stereotipato del medico manipolatore che usa i farmaci per controllare la ricchissima star.
La storia, per quanto veritiera, è oltre tutto squadernata con un eccesso di scene madri che alla fine allontanano l’empatia. A riconquistarci al personaggio, alla fine, ci pensano soprattutto le immagini sui titoli di coda, con il vero Brian Wilson in un concerto nel terzo tempo della sua vita, dopo il matrimonio con Melinda (il primo durò pochissimo, all’epoca dei Beach Boys) che gli ha regalato cinque figli e una riconquistata serenità.
Antonio Autieri