Giovanni è un avvocato ricco e affermato con un debole per le donne anche se è sposato con Mariella. Infatti da un anno ha una relazione con Tamara, una “periferica” – ovvero una ragazza che abita nei quartieri popolari – che lavora in un supermercato e che tradisce il compagno Walter, pacioso tassista. Quando la tresca viene scoperta, i due fedifraghi stanno per lasciare l’appartamento ma il decreto dell’8 marzo che impose il lockdown, li costringe a rimanere in casa controvoglia. Iniziano, quindi, settimane di recriminazioni e rimpianti anche se, forse, questa convivenza forzata, farà bene a tutti.

Rimasto orfano del fratello Carlo, Enrico Vanzina scrive e dirige questa commediola sullo sfondo del dramma nazionale causato dal Covid. Molte polemiche si sono sollevate sull’opportunità di provare a far ridere su un tema così serio. Polemiche infondate di fronte a un film totalmente innocuo. Vanzina mette in scena tutti i luoghi comuni possibili su mascherine, amuchina, code al supermercato, videochiamate, parrucchieri chiusi, jogging a 200 metri da casa, per descrivere le settimane di chiusura totale che abbiamo vissuto. Il film ha poco ritmo e la sceneggiatura piuttosto prevedibile tra momenti di gelosia, tentativi di riconciliazione e nuovi tradimenti all’orizzonte. Mancano, a nostro avviso, vere e proprie gag quasi che Vanzina non abbia voluto affondare il colpo; tutto è piuttosto piatto. Il film è tutto girato in interni con i protagonisti – Ezio Greggio (Giovanni), Paola Minaccioni (Mariella), Martina Stella (Tamara) e Ricky Memphis (Walter) – a dividersi equamente la scena.

Ci sono un paio di momenti in cui il film vira su temi seri, ma non sono molto riusciti, soprattutto il monologo affidato a Greggio che descrive la situazione drammatica del Paese. Vanzina, poi, inserisce tre camei: uno dedicato a Sordi, un secondo a Vittorio Gassman e il terzo dedicato al fratello con una scena di Sapore di mare in cui Jerry Calà si commuove nel finale sulle note di Celeste nostalgia di Riccardo Cocciante. Ecco, Lockdown all’italiana fa venire nostalgia della grande commedia, anche graffiante, che ha caratterizzato la nostra cinematografia.

Aldo Artosin