Maria, quarantenne dalla vita disordinata, vive a Napoli da tanti anni dove insegna in una scuola serale. Vive sola, dopo la fine dell’ennesimo amore. Cerca nuove storie, che non durano, sembra autoconvincersi di poter essere autosufficiente, non si accorge nemmeno di quanto sia importante l’amicizia discreta di un collega. Con Pietro, padre single con bimbo di pochi mesi, sembra riconquistare il sorriso. Ma un’inaspettata gravidanza la butta nello sconforto, anche perché l’uomo non se la sente di assumersi anche la seconda paternità. E quando la piccola Irene nasce prematura, al sesto mese, inizia un lungo periodo di sofferenza, attesa, rabbia davanti all’incubatrice, a quei tubicini a cui è attaccata una vita inaspettata. Cui inizialmente non sa come rapportarsi («Mia figlia sta nascendo o sta morendo, non lo so…». «Cosa faccio? Aspetto…»), e che non scioglie il suo pessimismo, il suo astio verso il mondo (anche i dottori e le altre mamme), il suo dolore per una vita solitaria e anche squallida (le formiche infestano la sua casa, e lei non se ne cura). Lo spazio bianco, diretto con buona maestria da Francesca Comencini e impreziosito da uno sguardo su una Napoli insolita, non è un film perfetto: alcuni personaggi sono poco definiti, alcune situazioni – le avventure di Maria, anche quella che porterà al concepimento di Irene – sono un po’ scontate, i salti narrativi tra passato (con i flashback della gravidanza e della crisi al sesto mese) e presente rendono un po’ faticosa la visione. E di alcuni personaggi si vorrebbe sapere di più: il collega premuroso, la vicina di casa magistrato che la incita a non arrendersi, l’allievo della scuola serale il cui impaccio in un tema d’esame dà corpo alla bella metafora del titolo.,Ma pur con limiti e incertezze, Lo spazio bianco ha il merito di dire, o meglio ancora far vedere (chissà quanto volontariamente, a giudicare dalle prese di posizione della regista) in un crescendo che emoziona e commuove, una cosa semplice e grande: che le mille contraddizioni, miserie, paure di una donna fragile e incapace di districarsi nei propri sentimenti non possono impedire il riconoscimento della grandezza di un fatto inaspettato. Che c’è, non chiede interpretazioni ma solo occhi commossi e mille cure (quelle che Maria finalmente promette, in uno sfogo liberatorio, prima di sapere se le sopravvivrà), e che ha le fattezze di una bimba prematura ma dalla forte fibra. ,Antonio Autieri

Lo spazio bianco
L’attesa di una madre di fronte all’incubatrice in cui combatte per la vita la figlia prematura. Senza sapere cosa desiderare