“Tutto avviene come se l’avvenire ,non potesse essere immaginato che come il ricordo ,di un disastro di cui noi avremmo oggi solo il presentimento”.,Marc Augè,L’ultimo lavoro di Werner Herzog ("Fitzcarraldo", "L’enigma di Caspar Hauser", "Nosferatu"," Aguirre, furore di Dio") costituisce un’opera spiazzante sotto diversi punti di vista. Il film fa parte di un’ampia riflessione che Herzog conduce da qualche tempo sul linguaggio del cinema, e più in generale sul potere delle immagini. Secondo l’oscura definizione dei titoli di testa, si tratta di una visionary science fiction. L’impostazione è classica del documentario: immagini di repertorio, voce narrante, interviste… In realtà ogni immagine del film rimanda ad un significato diverso da quello letterale: quella che nella realtà forse non era altro che un’esercitazione di routine di un gruppo di astronauti, nel film diventa un viaggio ai confini dell’universo, alcuni sub che si immergono sotto la superficie ghiacciata del polo diventano gli esploratori che perforano l’atmosfera ghiacciata di un pianeta distante anni-luce… Certo, il cinema lavora sempre così: anche una stanza tappezzata di verde, grazie agli effetti speciali può diventare sullo schermo qualsiasi luogo immaginario. La differenza sta nel fatto che nel film di Herzog la menzogna è in qualche modo evidente ma ininfluente. Il regista sembra dirci “Non vi siete mai accorti che l’immagine del fondo del mare è anche quella di un altro pianeta?”. Naturalmente occorre stare al gioco, decidere di lasciarsi condurre (in maniera un po’ irresponsabile e non del tutto vigile) dal flusso di immagini e musica, decidere di vedere quello che vede il regista. Se si accetta tutto questo, il risultato è altamente suggestivo e non delude.,Eliseo Boldrin