Horror di matrice cattolica firmato dal regista dello splendido The Exorcism of Emily Rose. La dinamica di Liberaci dal male è più o meno la stessa. Dopo una (troppo) lunga fase preparatoria in cui, immersi in un'atmosfera cupa e claustrofobica, seguiamo le vicende del sergente Sarchie (Eric Bana) e del suo collega alle prese con alcuni terribili casi di violenza accaduti nel Bronx, il film entra nel vivo e scopre le proprie carte. Da un lato – come proprio accadeva all'avvocato protagonista di Emily Rose – abbiamo come personaggio principale uno scettico materialista che non crede a nulla se non a quello che può vedere coi propri occhi e toccare con le proprie mani: Sarchie infatti è cattolico ma non più credente e schiacciato da terribili sensi di colpa per vicende del passato; è in cerca, con il solo istinto e la propria grande esperienza di detective, del collegamento che possa unire una serie di casi cruenti irrazionali e illogici. Dall'altro, la figura di un gesuita poco ortodosso, almeno nell'abbigliamento e nei modi di fare (giacca di pelle, capelli lunghi, alcolista) che, in un modo un po' rocambolesco, diventa partner spirituale del protagonista e che è convinto che nel mondo ci siano due tipi di male diversi, quello secondario, fatto dagli uomini e quello primario, originato dal maligno. Derrickson, come già in Emily Rose, dimostra di saperci fare con le caratteristiche del genere: confeziona almeno un paio di sequenze di forte impatto – quella nel seminterrato e i momenti con protagonista la bimba del protagonista, prima di un finale, con al centro un lungo esorcismo sin troppo spettacolare. Gli aspetti però più interessanti sono nel rapporto tra i due uomini, lo scettico e l'uomo di fede. Al di là infatti di qualche banalizzazione e del tratteggio di Padre Mendoza, gesuita sin troppo sopra le righe, si avverte innanzitutto il tentativo di rappresentare come cosa seria e reale la presenza del maligno nel mondo, cosa più unica che rara in un genere, come quello dell'horror demoniaco che spesso tratte il demonio come un semplice cattivo dai modi bizzarri. Da questo punto di vista, sia la spiegazione analitica dei vari momenti dell'esorcismo, sia il cambiamento di Sarchie che comincia pian piano a rimettere in discussione il suo scetticismo sono raccontati con rispetto e realismo. In particolare due sequenze colpiscono più di tutte: quella in cui – in pub in cui campeggiano le gesta eroiche dei vigili del fuoco di New York – la discussione tra i due sulla presenza di Dio nel mondo appare ben argomentata con il gesuita che spinge a vedere nel mondo i segni di bene nel mondo più che le presunte distrazioni di Dio Padre, portando come esempio sintetico proprio i pompieri dell'11 settembre. E poi la sequenza della confessione, necessaria ai fini dell'esorcismo, intesa come vero e proprio atto di umiltà di fronte al Signore. E ancora: domande sulla natura e il fine dell'opera del maligno (“È il mistero del male primario”, dice il gesuita. “Non ha senso la sua ansia di distruzione”) e una provocazione politicamente scorretta: “Un santo non è un esempio morale ma un uomo che offre la sua vita”, afferma Padre Mendoza, uno che in passato ne ha fatte di cotte e di crude. Tante buone cose e anche spunti coraggiosi e insoliti per un horror in cui non mancano tuttavia i punti deboli: l'indagine un po' macchinosa, la spettacolarizzazione esagerata del finale, i momenti tra Sarchie e la moglie parecchio risaputi e, soprattutto, i presunti doni spirituali di cui è provvisto Bana, appena accennati eppure così importanti ai fini della narrazione.,Simone Fortunato

Liberaci dal male
Un sergente della polizia di New York, indagando su alcuni strani casi, si imbatte nella presenza del maligno.