Tyler ha otto anni ed è un bambino fuori dal comune, sempre sorridente, pieno di energia e vitalità. Se non fosse per la totale assenza di capelli, nessuno direbbe che sia affetto da un tumore maligno al cervello. Reduce da un pesante ciclo di chemioterapia dai risultati ancora incerti, Tyler affronta la dura lotta contro la malattia, chiedendo aiuto al suo migliore amico: Dio. Ogni giorno gli scrive una lettera – dal contenuto segretissimo – che imbuca, con tanto di francobollo, nella cassetta sotto casa, fermamente convinto che il suo messaggio andrà a segno. A sua insaputa, però, il primo destinatario delle sue lettere è il trentenne Brady, da poco declassato al rango di postino come estremo tentativo di recupero dalla sua dipendenza dall'alcool. La storia vera di un'amicizia tra un uomo e un bambino, che, aiutandosi a vicenda, cambieranno la vita di un'intera comunità.,Dopo Facing the Giants (2006) e Fireproof (2008), Letters to God è il terzo film prodotto da David Nixon. Anche in questo caso si tratta di un progetto “inspirational”, che non nasconde la sua provenienza cristiana, ma, anzi, ne fa il suo maggior punto di forza. Patrick Doughtie (co-regista e sceneggiatore del film nonché membro attivo della comunità evangelica battista di Nashville) ha deciso, infatti, di raccontare come suo figlio Tyler abbia accettato e vissuto la scoperta di avere il cancro con l'intenzione esplicita di diffondere un messaggio di speranza e fiducia in Dio presso le famiglie segnate dallo stesso dolore. Si tratta di una storia drammatica e commovente, la cui forza, però, rischia di essere soffocata proprio dal desiderio sincero e appassionato di dare una testimonianza di fede.,Tyler viene descritto fin da subito come un bambino straordinario, un “travelling angel”, destinato a trasformare con il suo esempio ed il suo coraggio il mondo che lo circonda. Pur mantenendosi sempre forte in presenza di altri, riesce a sfogare il suo dolore e le sue paure soltanto nelle lettere che scrive quotidianamente a Dio. Confida la vergogna provata per la prematura perdita dei capelli, il desiderio di condurre una vita normale e di poter uscire a giocare con gli amici senza sentirsi stanco o subire gli scherzi dei compagni, l'incapacità di sopportare gli attacchi del fratello maggiore Ben, che si sente trascurato dalla madre. Eppure la maggior parte delle volte Tyler non parla di sé, ma chiede a Dio di esaudire i bisogni più nascosti delle persone che ama: di far innamorare di nuovo la mamma, rimasta vedova; di far ritrovare la gioia di vivere al postino Brady (unico personaggio di finzione all'interno della sceneggiatura), che ha alle spalle un matrimonio distrutto e non riesce a liberarsi dalla dipendenza dall'alcool; di sostenere la sua amica del cuore Samantha. Tyler offre in cambio la sua malattia, che lo fa sentire speciale, molto più vicino a Dio di chiunque altro, investito di una missione d'amore che vuole portare a termine a tutti i costi. Giorno dopo giorno, la sofferenza intesse e ricama, sulla buona stoffa della sua innocenza, una vita interiore fatta di spontaneità e delicatezza di fronte a cui non si può rimanere impassibili. ,Paradossalmente, però, un simile esempio di abbandono in Dio, per quanto ispirato a fatti realmente accaduti, rischia di suscitare incredulità e distacco negli spettatori. Tyler, a tratti, sembra troppo perfetto per essere vero. E' difficile immaginarsi un bambino di otto anni dare sfoggio di una così grande maturità e padronanza di sé, a meno che non lo si abbia conosciuto personalmente.,Questa percezione di finzione o – peggio – di manipolazione della realtà non è imputabile tanto alla storia, quanto piuttosto alla verbosità dei dialoghi, vero punto debole del film. L'eccessiva tematizzazione della fede investe senza esclusione i discorsi di tutti i personaggi. La sceneggiatura è costellata di scene in cui si parla esplicitamente di Dio e della necessità della preghiera, che raffreddano il coinvolgimento emotivo dello spettatore, manifestando l'intento pedagogico del film al punto da renderne difficile la circolazione al di fuori di un pubblico che condivida a priori il punto di vista degli autori.,Brady, Ben e Alex (il bullo che prende in giro Tyler) sono, infatti, le uniche “voci fuori dal coro”: circondati da una comunità radicata nell'amore a Dio, vivono tutti e tre, a diversi livelli, un percorso di pentimento e conversione. Questo lieto fine ha come conseguenza un retrogusto dolciastro, dovuto alla superficialità con cui vengono affrontati gli interrogativi (legittimi e complessi) di chi è ateo o più semplicemente confuso di fronte alla malattia e alla morte di un bambino. La incapacità degli autori di esaminare a fondo le posizioni di chi è contrario alla fede indeboliscono il grado di conflitto (interiore, interpersonale e sociale) e il messaggio di speranza sottesi alla storia. Nell'intento di divulgare la lettura cristiana del dolore, che unisce intimamente il sofferente a Gesù, evitano di raccontare i momenti di dubbio, oscurità e rabbia, che probabilmente vivono tutti gli uomini (credenti e non) sottoposti alla prova, anche quei bambini -e ne esistono- che hanno saputo affrontare la prova con una forza come quella di Tyler. Lo spettatore potrebbe quindi avvertire una sorta di fine “propagandistico” del film che, paradossalmente -cercando di dar voce ad un Dio vicino-, lo rappresentano quanto mai lontano. Come se Dio fosse presente soltanto nelle risposte, nelle affermazioni incontrovertibili, ma non nella ricerca estenuante di un senso, nell'esperienza della solitudine e del rifiuto, nelle domande gridate al cielo.,Valentina Pozzoli,

Letters to God
Un bambino di otto anni malato di tumore scrive ogni giorno una lettera a Dio.