Durante la Battaglia di Francia nel 1940, l’unico figlio della coppia di operai berlinesi Anna (Emma Thompson) e Otto Quangel (Brendan Gleeson) viene ucciso al fronte. Devastati dalla tragica realtà di un’ideologia che scoprono di non condividere, i Quangel decidono di cominciare una solitaria azione di resistenza, attraversando in lungo e in largo la città di Berlino e lasciando dove capita (sulle scale, davanti alle porte, fuori dagli uffici) messaggi anonimi. Sul retro di normalissime cartoline illustrate scrivono a mano (in stampatello per non farsi riconoscere) incitando i cittadini a rifiutarsi di collaborare con i nazisti, non dare soldi, di disertare il servizio militare, financo di assassinare Hitler. Ma rapidamente i cartoncini vengono consegnati da chi li trova alla polizia e arrivano nelle mani dell’ispettore della Gestapo – la polizia segreta hitleriana – Escherich (Daniel Brühl), che si impegna a tutti i costi per trovare gli autori.
Attore riconosciuto a livello mondiale, Vincent Perez è al suo terzo film, il primo di una certa notorietà internazionale (è stato presentato al Festival di Berlino 2016); Lettere da Berlino è tratto dal romanzo Ogni uomo muore solo (Jeder stirbt für sich allein) scritto da Hans Fallada nel 1947, ancora oggi uno dei principali libri antinazisti pubblicati dopo la fine della seconda guerra mondiale, sulle vicende della vera famiglia Hampel.
In una Germania nella quale le azioni di resistenza si possono contare sulle dita di una mano (e ricordiamo in questo senso la vicenda dei giovani de La Rosa Bianca, da cui è stato tratto un grande film), la vicenda di questa coppia, le cui cartoline andarono avanti per anni a denunciare gli orrori nazisti, è ancora più emblematica, e ben supportata dalla coppia Gleeson-Thompson. Nonostante gli attori protagonisti non siano tedeschi, l’interpretazione del dolore che spinge marito e moglie, la consapevolezza del rischio altissimo, la volontà di andare avanti costi quel che costi, è resa in maniera credibile (anche se a momenti un po’ troppo teatralmente “ferma”), aiutata anche dalla bella fotografia e dalla colonna sonora di Alexandre Desplat che accompagna tutta la tensione delle semplici ma potenzialmente letali azioni dei due Quangel. In un’alternanza di toccanti momenti intimi e ricostruzioni del clima del tempo (l’oppressiva presenza della Gestapo, l’avvio dello sterminio dei cittadini di origine o religione ebraica), Lettere da Berlino, nonostante un approccio formale e una composizione visiva volutamente fredda, riesce a rendere efficacemente il desiderio della coppia di anteporre verità e libertà di coscienza a una vita che avrebbe potuto svolgersi tranquillamente nel conformismo dominante.
Beppe Musicco