Horror radicale, violento, decisamente non per tutti. È il sesto film di Rob Zombie, cantante e compositore del gruppo metal White Zombie e passato dal 2002 dietro la macchina da presa come regista e sceneggiatore di una serie di film interessanti o riusciti come La casa dei 1000 corpi e La casa del diavolo. Con Le streghe di Salem il regista del remake di Halloween gira senz'altro la sua opera più ambiziosa e riuscita da un punto di vista formale e stilistico. L'intro è da pelle d'oca: una donna (Sheri Moon Zombie) guida la macchina nell'oscurità. Non succede nulla ma la colonna sonora, martellante e di grande efficacia, accompagna lo spettatore in un viaggio indietro di quattro secoli nel XVII secolo, quando nella piccola città di Salem un gruppo di streghe capeggiate da una mostruosa terribile e sempre nuda Meg Foster evoca il demonio durante una messa nera. I particolari sono un pugno nello stomaco e il rito è raccontato con grande realismo da Zombie: bestemmie, giuramenti al contrario, momenti di autolesionismo per oltraggiare ciò che è stato creato dal Creatore. Zombie non aggiunge commenti morali, evita le scorciatoie dello splatter e dell'effettaccio fine a se stesso: fa parlare solo il delirio della messa nera e gli sguardi delle assatanate, streghe, che di lì a poco faranno una brutta fine anche se una maledizione correrà fino ai giorni nostri. Film colto e derivativo con cui Zombie conferma non solo di essere un buon conoscitore dell'horror ma del cinema tout court. La casa maledetta in cui abita la protagonista, con la tappezzeria alle pareti e i lunghi movimenti della macchina da presa lungo un corridoio stretto che non sembra avere fine sono, con evidenza, elementi del Kubrick di Shining ma è tutto il film, straordinariamente curato dal punto di vista della fotografia e della messa in scena, a richiamare l'horror moderno degli anni 70, dal Carpenter di Halloween e Il signore del male a Rosemary's Baby di Polanski passando addirittura per Georges Méliès. Con uno stile iperrealista e violento, punteggiato da una colonna sonora davvero suggestiva, Zombie rievoca la stagione terribile della Factory di Charlie Manson: il senso di ineluttabilità che avvolge l'intera narrazione, la fragilità della protagonista plagiata, vittima di allucinazioni sempre più terribili e, soprattutto, l'immagine di una ragazza indebolita dal ricorso alla droga che le procura un'immagine distorta della realtà non può non richiamare una delle più sanguinose e assurde vicende della storia moderna, l'omicidio di Sharon Tate, incinta, ad opera di Manson e dei suoi pazzi adepti. Un horror di grande impatto ed efficacia che si distanzia nettamente dalla media bassa o bassissima dei film di paura delle ultime stagioni per un uso sapiente della macchina da presa e delle regole del genere, ma soprattutto per una poetica coerente e ben riconoscibile: la poetica del male come gorgo di sangue e oscurità, terreno dell'ignoto e dell'irrazionale, in cui tutte le leggi del Creato sono rovesciate completamente. In questo senso l'alto tasso di immagini blasfeme, per quanto le più crude avvengano sotto l'effetto di droghe e o dietro il filtro narrativo dell'allucinazione, sono coerenti per il tipo di operazione, un horror satanista in cui si descrive nei dettagli non solo i riti neri ma anche le cause dell'odio contro natura delle odiose protagoniste. Certo la blasfemia, per quanto giustificata nell'evocare un orrore cieco, è sempre un colpo basso e dà molto fastidio: la sequenza in chiesa con il sacerdote si poteva raccontare in altro modo così come il finale, al teatro della città, è tanto forte e ipnotico da un punto di vista visivo quanto violentemente dissacrante. Non c'è però autocompiacimento, se non in qualche piccolo inserto: solo la narrazione efficace secondo il punto di vista interno – delle streghe – che hanno in odio il mondo e tutte le sue creature perché hanno in odio Dio che dileggiano, disperate, facendo violenza a se stessa e agli altri, animate da una sola e cieca volontà. Quella di essere inghiottite nei gorghi neri dell'Inferno senza fondo.,Simone Fortunato

Le streghe di Salem
Una dee jay si trova tra le mani un disco maledetto.