È il 1687, e l’architetto André Le Notre (Matthias Schoenaerts), dopo molti ripensamenti, decide di affidare a Sabine De Barra (Kate Winslet) il delicato incarico di realizzare un anfiteatro nei giardini dell’erigenda reggia di Versailles, che dovranno essere il trionfo del regno di Luigi XIV. Ma fin dall’inizio le cose non sembrano andare per il giusto verso: dagli operai che non riconoscono la sua autorità, al rapporto non sempre semplice con l’architetto, ai demoni che ancora la tormentano; il compito di Sabine sembra una montagna troppo ardua da scalare, specie quando alcuni avranno interesse a sabotare realmente il suo lavoro.
Recitato con piglio e personalità da Kate Winslet, il film ha dalla sua il fascino dei costumi e della ricostruzione scenica, valorizzati dal talento e dalla personalità degli attori. Un po’ meno convincente è il procedere a scatti della sceneggiatura, che a volte si perde in flashback secondari e lascia Schoenaerts a fare la bella statuina (dall’attore di Un sapore di ruggine e ossa è lecito aspettarsi maggiore iniziativa), con una scarsa partecipazione passionale in una storia d’amore che dovrebbe essere il vero cuore del film, e invece sembra solo fonte di interruzioni poco riuscite. Un maggior ordine avrebbe certamente giovato a una storia che ha momenti di grande sensibilità e bellezza (tra tutti quando Sabine confonde il Re, che si riposa solo e senza parrucca nel giardino, per un fornitore e si fa aiutare a spostare i vasi). E la presenza, anche se breve, di attori del calibro di Phyllida Law o Stanley Tucci dà l’idea delle potenzialità che Alan Rickman, come regista (nonché interprete nella parte di Luigi XIV), avrebbe potuto sfruttare maggiormente.
Rimangono comunque alcune felici composizioni, la grazia degli attori, la bellezza delle scene naturali e del paesaggio di Versailles, che si trasfigurano nella suggestiva scena finale: il lavoro di Sabine e il minuetto in cui tutti danzano intorno a un Re immobile e compiaciuto (vero Sole intorno a cui tutto si muove), mostrano il vero splendore di un lavoro che ancora oggi rimane una delle azioni più felici con la quale la natura sia stata valorizzata dall’intervento dell’uomo.
Beppe Musicco