Cabiria è una prostituta, inguaribilmente romantica, e convinta che prima o poi troverà l’uomo dei suoi sogni. Intanto però incontra solo uomini che la sfruttano, ma continua a sperare, a coltivare il sogno (quasi inconfessato anche a se stessa) di cambiar vita…

Uno dei film più belli di Federico Fellini (ma anche meno ricordati in celebrazioni e omaggi al grande regista riminese, nonostante l’Oscar come miglior film straniero, il secondo dopo quello per La strada), fortemente permeato della sua giovanile formazione religiosa; come conferma il pellegrinaggio al Santuario del Divino Amore, la richiesta di un miracolo di cambiamento (che sembra non arrivare, e invece arriverà in forme impreviste), l’incontro con un religioso strambo ma felice, perfino un accenno di Compagnia cui dà vita una felice intuizione poetica, umana, cristiana.

Le notti di Cabiria è un film sull’indomabilità del cuore, di un cuore – quello della tenera ma anche cocciuta e divertente Cabiria, irresistibile nei suoi improperi romaneschi e in tante sue buffe disavventure – che non si arrende nonostante mille delusioni, violenze, angherie. E che desidera, ma non sa bene cosa: forse un uomo buono. E quando il cuore rimane puro, tra le nefandezze della vita, può anche accorgersi dell’approssimarsi di qualcosa di nuovo. Che si potrebbe azzardare a definire Grazia.

Il personaggio di Cabiria, disegnato da una straordinaria Giulietta Masina (premiata come migliore attrice a Cannes, conoscerà con questo film la sua consacrazione internazionale), per una volta sfugge in parte dal controllo del marito-burattinaio (che ne lamentava alcuni eccessi melodrammatici “alla Magnani”, soprattutto nel finale teso e drammatico). In questo modo, però, riesce a superare quella dei bozzetti pur toccanti di altri suoi “caratteri” famosi come Gelsomina (sempre con Fellini, appunto in La strada) o di Fortunella (con Edoardo De Filippo) per acquistare un’umanità dolente più precisa e a noi riconoscibile. Per saldarsi con la genialità felliniana nel commovente finale, che ancora colpisce al cuore a distanza di tanti anni (il grande critico Andrè Bazin lo definì tra i più geniali della storia del cinema), con quello sguardo in macchina dolce e fulminante che coinvolge noi nelle sue vicende e nel suo giudizio: la vita può avere ancora una possibilità di bene, se si incontra qualcuno che ti fa compagnia.

Antonio Autieri