Il cinquantenne Remy, in ospedale, sente avvicinarsi la mprte. L’ex moglie convince il figlio, in rotta con il padre, a venirlo a trovare. Sarà lui, nonostante i dissapori, a riunire gli amici del padre al suo capezzale.,A quasi vent’anni da “Il declino dell’Impero Americano”, tornano i lussuriosi personaggi di Denys Arcand. Ma ormai invecchiati e angosciati per la malattia (mortale) di uno di loro e per le sconfitte della vita, si aggrappano solo al reciproco affetto e all’umorismo cinico. Remy, il godereccio libertino che cambiava donna ogni notte, viene accudito dall’ex moglie che non ha mai smesso di amarlo e perfino dal rampante figlio miliardario. Sarà lui, nonostante i dissapori, a riunire la vecchia compagnia di amici del padre – che cercano invano di rinverdire a parole i fasti di un passato caratterizzato da sfrenata libertà sessuale e accecante ideologia politica – e perfino a trovare il modo per non farlo soffrire più. Paradossalmente, il giovane e ricco “capitalista” è il personaggio più “pulito” del film (nonostante si adoperi con ferma compassione per l’eutanasia del padre), insieme alla tossicomane che si procura la droga e la inietta al moribondo per lenire il dolore. Ma a parte alcuni momenti del rapporto padre-figlio quasi commoventi (e anche i video messaggi della figlia lontana), il film risulta insopportabile per il cinismo saccente e sentenzioso di chi considera la vita una beffa ordita da un destino cinico e baro («non è il senso delle cose che si deve cercare»). Senza contare apprezzamenti pesanti e gratuiti sul Papa, su Madre Teresa di Calcutta e sulla Chiesa Cattolica in genere. L’umorismo a volte centra il bersaglio, ma il tono generale del film non è solo plumbeo e mortuario (anche la disperazione, se “leale”, può avere un fondo nobile) bensì irritante nel dispensare “pillole” di saggezza livorosa su tutto, in particolare sull’odiata America (il regista è un canadese francofono). E i personaggi, brillanti e volgari al tempo stesso, ricordano quei sessantottini “invecchiati e imbruttiti” con cui se la prendeva Nanni Moretti in “Caro diario”.,