Non temete di essere tacciati di oscurantismo se andate a vedere il film: il fastidio di molta critica, per il racconto di uno scrittore dichiaratamente cristiano (ma anglicano, non cattolico come molti equivocano) è totalmente ingiustificato. Il leone, la strega e l’armadio non è né vuole essere un racconto didattico o apologetico (e in questo la volontà di Lewis era affine a quella del suo amico Tolkien); è lo spunto, come dichiara lo stesso scrittore, ad averlo affascinato e spinto a scrivere il libro. Ma è altrettanto ovvio che se un credente deve inventare un mondo e parlare del suo creatore, non può essere accusato di farlo nei termini che gli sono più familiari. Così il timore dei quattro fratelli di fronte ad Aslan è perfettamente vero e reale: il leone è enorme, con una criniera maestosa, e il suo ruggito rimbomba in tutta Narnia. Ma al tempo stesso sa essere affettuoso come un padre verso i suoi figli, anche comprendendoli e perdonandoli quando sbagliano. Il film diretto a da Andrew Adamson (Shrek) è fedele e realizzato con magnificenza, usa splendidamente degli effetti speciali per la creazione di animali parlanti (gli splendidi castori) o mitici (gli ippogrifi), ma anche per l’eleganza dei centauri e l’imponenza delle scene di massa. L’avventura magica dei fratelli a Narnia risulta così vivida e reale, come l’espressione di Lucy la prima volta che sbuca dal fondo dell’armadio o la curiosità del fauno Tumnus nel vedere una bambina in carne e ossa. Se qualche critica può essere rivolta al regista e agli sceneggiatori è semmai di aver sminuito la potenza di Aslan, rispetto alla volontà dello scrittore: la lotta tra la Strega Bianca (una splendida e glaciale Tilda Swinton) e il Leone sembra l’ennesimo scontro tra il bene e il male, quando nel libro è invece lampante il terrore della strega per Aslan, al punto da vietare a tutti di pronunciare il suo nome. E anche di aver trattato Peter (il maggiore tra i fratelli) come un ragazzino la cui unica preoccupazione è riportare i fratelli in Inghilterra, quando Lewis ne aveva fatto da subito un leader di statura regale, pronto da subito ad accettare il ruolo di “Gran Sovrano” e a scendere in battaglia guidando l’esercito di Narnia. Ma sono, fortunatamente, scelte che non inficiano l’efficacia del film. Più grave è invece la decisione della Disney italiana di affidare a Omar Sharif il doppiaggio di Aslan, che parla così con accento straniero e spesso biascicato: un pessimo servizio alla storia. Speriamo solo che il film crei nuovi lettori dei racconti di Narnia, libri che meritano veramente la lettura di grandi e piccini.,Beppe Musicco,