È una storia atroce, anche perché vera (e narrata benissimo nel libro omonimo di Emmanuel Carrère edito da Einaudi). Per diciott’anni un uomo è uscito tutti i giorni da casa, dicendo che andava a lavorare all’Organizzazione Mondiale della Sanità, o a tenere lezioni all’Università di Lione, e invece oziava per le aree di servizio o nelle sale d’attesa. Nessuno sospettava della menzogna, che si trascinava da un esame non superato il secondo anno di università. Nessuno della sua famiglia (genitori, suoceri, moglie e figli) ha mai sospettato niente, i suoi amici lo stesso. Divorando poco a poco il capitale dei parenti è arrivato a un punto di non ritorno, decidendo di sterminare la sua famiglia (padre, madre e cane compresi) e suicidarsi. Il film è agghiacciante nella sua semplicità, e Daniel Auteuil cerca di rendere al meglio la discesa nella follia che passo passo ha condotto un uomo a una fine agghiacciante (ma il destino ha voluto che si salvasse, e ora sconta l’ergastolo). Una serie di scelte inspiegabili, che rendevano sempre più complicata la vita e richiedevano menzogne sempre più contorte, rapporti da giustificare, spiegazioni mai date. Un incubo tra le linde villette dei quartieri alti, che interroga e lascia tutti sgomenti.,
L’avversario
L’incendio di una villetta nei sobborghi francesi di Ginevra, con la morte di tre persone, svela un’atroce realtà: il capofamiglia, padre amoroso, cittadino esemplare, medico stimato da tutti), in realtà non si era mai laureato, e per anni ha nascosto tutto a tutti, famiglia compresa.