È difficile cercare di descrivere un film come L’arte del sogno, che si fonda su una stranezza visiva e narrativa che spesso deborda nell’idiosincrasia; forse qualche paragone si potrebbe fare con il surrealismo o certi film di Luis Buñuel, nei quali realtà, visione e sogno si mescolano rendendoli indistinguibili l’uno dall’altro. Pratica che peraltro è tipica del regista Michel Gondry nelle sue “opere brevi”, come spot pubblicitari e videoclip. La storia appare semplice: Stephane è un aspirante illustratore sudamericano, a Parigi perché la madre gli ha promesso un impiego come creativo. In realtà la società che lo assume stampa calendari, e le opere di Stephane sembrano tutt’altro che adatte, i colleghi sono fintamente amichevoli (e fra tutti si distingue il sornione Alain Chabat, fonte di scene molto divertenti) con grande frustrazione del giovane. Sua dirimpettaia di casa è Stephanie, di cui Stephane si innamora. ,Tentare di spiegare altro del film è praticamente impossibile, visto che Gondry si diverte a rappresentare la testa di Stephane come uno studio televisivo tutto fatto di cartone, nel quale lo stesso protagonista prepara i suoi sogni come lo chef di una trasmissione di cucina. La relazione tra i due giovani non manca di collaborazione artistica, visti i diorami creativi opera di Stephanie e i gadget che continuamente escono dalla fervida fantasia di Stephan, a metà tra il riciclato e il magico. Gondry si sbizzarrisce in una creatività che volutamente evita gli effetti speciali moderni, privilegiando lo stop-motion, la cartapesta, il cellophane, come in una trasmissione per bambini degli anni ’60, esplorando un subconscio che non risponde a nessuna logica. La relazione tra i due, ricca di momenti eccitanti e stranezze visuali di grande bellezza, però è preda degli sbalzi di umore, e presto sprofonda in una cupezza che nessun artificio riesce a rallegrare, lasciando i due giovani ancora una volta nella loro solitudine. Meno incisivo nella trama del precedente Se mi lasci ti cancello, L’arte del sogno va visto come un viaggio in un mondo effimero, illogico, incongruente e, come tutti i sogni, destinato a lasciarci una serie di impressioni nostalgiche e piacevoli, ma delle quali presto perderemo anche il ricordo.,Beppe Musicco ,