Con L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat siamo nel 1943. Gli alleati si apprestano a sbarcare in Sicilia. L’isola, però, è presidiata dalle truppe tedesche. Ewen Montagu e Charles Cholmondeley, agenti dell’MI5, il servizio segreto britannico, danno vita alla più incredibile operazione di depistaggio: far credere ai nazisti che lo sbarco avverrà in Grecia e non in Italia. Per riuscirci si serviranno del cadavere di un soldato fatto recapitare ai nemici con una serie di documenti e informazioni false per trarli in inganno…

L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat ricostruisce minuziosamente la più famosa e incredibile operazione di depistaggio ai danni dei nazisti che permise alla seconda guerra mondiale di incanalarsi definitivamente verso la vittoria degli alleati. Il film, ispirato dal libro Operazione Mincemeat di Ewen Montagu, è affidato alla regia di John Madden (Shakespeare in Love) e alla sceneggiatura di Michelle Ashford. La prima parte – a tratti molto verbosa e non facile da seguire per lo spettatore – descrive il modo in cui i servizi segreti inglesi escogitarono e misero in atto la loro operazione militare; la scelta del cadavere da recapitare ai nazisti, la costruzione della sua identità, i documenti falsi per spingere i nemici a spostare truppe in Grecia dall’Italia. Occupano la scena gli agenti Ewen Montagu (Colin Firth) e Charles Cholmondeley (Matthew Macfadyen) e la segretaria Jean Leslie (Kelly MacDonald) impegnati a fare in modo che il loro piano vada a buon fine visto che ha avuto anche l’approvazione del primo ministro Winston Churchill. Il film assume inoltre i tratti del melò, con il legame sentimentale – ma mai concretizzato – tra Ewen e Jean che suscita la forte gelosia di Charles. L’arma dell’inganno, invece, prende più ritmo e avvince maggiormente nella seconda parte quando l’Operazione Mincemeat prende corpo, con un finale coinvolgente che comprende anche la resa dei conti tra i due agenti, ognuno con le sue zone d’ombra da farsi perdonare.

James Madden dirige il film in modo molto professionale e senza sbavature; non si vedono scene di battaglia, a parte una nel sottofinale, perché si racconta la guerra dietro le quinte. Le interpretazioni dei protagonisti non eccellono in modo particolare; non coinvolgono e, per quanto riguarda soprattutto Colin Firth, sono anche un po’ trattenute. Nota di curiosità, nel team del MI5 vediamo anche un giovane Ian Fleming (il “padre” di James Bond) intento a raccontare la vicenda e che ha operato realmente nell’esercito inglese durante la Seconda Guerra mondiale. È suo l’incipit del film: «In ogni storia, vi sono elementi visibili e altri nascosti. Questo è particolarmente vero nelle storie di guerra». Sulla stessa vicenda, nel 1956, era stato girato anche L’uomo che non è mai esistito di Ronald Neame.

Stefano Radice

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