La prima immagine che ci viene fornita di George Bailey è quella di un uomo che “non ha mai pensato a se stesso”. Non c’è da stupirsi, dunque, se molti pregano per lui, quando, per la prima volta (il giorno della vigilia di Natale), lo vedono fortemente disorientato e infelice. Dio ascolta le suppliche e manda a chiamare Clarence, “angelo di seconda classe”: se riuscirà a salvare il povero George Bailey, otterrà in cambio quel paio d’ali che attende da duecento anni.
La vita è meravigliosa si esprime attraverso un linguaggio così semplice e spontaneo da non avere bisogno di spiegazioni. Ritroviamo qui quel sistema di valori di cui già altri film precedenti del regista si facevano promotori: l’onestà, la famiglia, l’amicizia, la generosità, la bontà. Negli anni Trenta, Frank Capra si era specializzato nella realizzazione di “screwball comedies” (ad esempio Accadde una notte, 1934; È arrivata la felicità, 1936; L’eterna illusione, 1938), commedie animate dallo spirito ottimistico del New Deal, teso a superare la crisi economica e morale portata dalla Depressione, attraverso la riscoperta dei valori fondanti la nazione. In genere, tali commedie vedevano protagonisti personaggi eccentrici alle prese con situazioni inusuali, spesso assurde, sullo sfondo dello scontro tra diverse classi sociali. Al confronto, La vita è meravigliosa si configura come un’opera più “popolare”, perché dotata di un realismo fiabesco che rende il messaggio di fondo immediatamente comprensibile da chiunque. La fantasia lascia spazio alla religiosità, una religiosità che si rende evidente nel personaggio dell’angelo Clarence, ma che riconosciamo soprattutto negli echi dickensiani e nell’approccio alla realtà quotidiana dei signori Bailey, eroi del film. “Nessun uomo è un fallito, se ha degli amici”: e di amici George Bailey ne ha tanti, guadagnati nel corso di un’intera vita dedicata agli altri. È infatti in virtù della sua grandezza d’animo, più che per i beni materiali, che George alla fine risulta essere, a detta di tutti e senza alcun dubbio, “l’uomo più ricco della città”. “La vita è meravigliosa” (e dunque preziosa), perché l’esistenza di ciascuno è legata a quella di molti altri, secondo un disegno benevolo.
In merito a questa pellicola, nella sua autobiografia, il regista affermò: «Era il film per la mia gente, il film che avevo voluto fare da quando avevo posato per la prima volta l’occhio contro il mirino della macchina da presa». Sarà per questo, o sarà per le facce pulite, l’aria familiare e la naturalezza di James Stewart, Donna Reed e Henry Travers, ma è davvero difficile non farsi coinvolgere dalle vicende e dalle emozioni dei protagonisti. Il film di Capra narra infatti una storia per così dire “universale”, in quanto va a toccare corde profonde dell’animo umano – una su tutti, la necessità di amare ed essere amati.
L’angelo Clarence regala a George una copia de Le avventure di Tom Sawyer: il racconto di un’amicizia, ma soprattutto un libro che mostra la realtà attraverso lo sguardo libero ed entusiasta dei bambini. Quello stesso sguardo che La vita è meravigliosa risveglia.
Maria Triberti