Marco Bechis, dopo essersi occupato della tragedia dei desaparecidos argentini in Garage Olimpo (1999) e Figli/HIjos (2001), si prende a cuore la sorte di questa tribù amazzonica ridotta – da un milione e mezzo che erano prima dell’arrivo degli europei – a trentamila unità. La loro storia, portata alla ribalta durante la Mostra di Venezia del 2008 dove il film era in concorso, è fatta di dolorosi destini legati alla sopraffazione dei possidenti terrieri che hanno usurpato, loro per primi, lo spazio che la vita, la natura e il destino avevano consegnato agli indigeni. “Con questa terra faccio lavorare centinaia di persone – dirà il proprietario terriero al capotribù – e ne faccio mangiare migliaia”. Allora l’indigeno, fieramente, senza smettere di guardare il suo avversario negli occhi, prenderà un pugno di quella terra e la masticherà, come a indicare che di quella terra lui è fatto, che ne è figlio. E’ questa la scena che sintetizza il senso del film, che spinge fino a conseguenze estreme il conflitto tra diritti di tipo diverso (la legge scritta contro quella naturale) e tra diverse visioni del mondo (quello che per gli occidentali è colore locale per i Guarani è profonda spiritualità). Il suicidio dei ragazzi – è il lato più interessante della ricognizione di Bechis e della sceneggiatura del film – si deve alla loro incapacità di immaginarsi un futuro. Questo è molto interessante e anche molto profondo. Peccato però che nella seconda metà del film Bechis insista, senza la stessa volontà di approfondire, su alcuni stereotipi anticapitalisti, antimperialisti e addirittura anticoloniali (la colpa sembra risalire addirittura a Cristoforo Colombo e alla sua “conquista del Paradiso”). Il film è interessante fin quando mette in mostra le contraddizioni della globalizzazione nel sud del mondo, meno quando scade nel pamphlet retorico, per esempio quando attinge inutilmente – per la descrizione dei “cattivi” – ad altri generi cinematografici. Elegante da un punto di vista artistico e registico, ma poco utile alla sacrosanta denuncia di cui si fa carico. Si salva il finale che affida alle giovani generazioni, quelle che non sapevano immaginarsi un futuro, un raggio di speranza.,Raffaele Chiarulli

La terra degli uomini rossi – Birdwatchers
Mato Grosso. Tra i Guarani-Kaiowà, antichissima tribù di nativi sudamericani, continuano ad aumentare i suicidi, soprattutto tra le persone giovani. Il capo della tribù decide allora di abbandonare la riserva nella quale le ultime famiglie sono state confinate e di invadere le terre di possesso dei fazenderos. Tragedia in vista.