L’ultimo film di Carlo Mazzacurati, girato poco prima della sua dolorosa scomparsa, è ambientato ancora una volta nella provincia veneta, terra di nascita del regista e microcosmo fedele per ambientare storie “del Nordest” che però, come lui stesso ha sempre affermato, potessero però parlare a tutta l’Italia. Lo spunto è dato da una novella russa (che aveva ispirato anche un film di Mel Brooks, Il mistero delle 12 sedie) ambientata ai giorni nostri in un centro commerciale di Jesolo, nota località di mare a pochi chilometri da Venezia: una detenuta in punto di morte (Katia Ricciarelli) rivela a Bruna, la giovane estetista che andava a trovarla in carcere (Isabella Ragonese), di aver nascosto gioielli e preziosi in una delle otto sedie di fattura esotica del suo salotto. La ragazza, in crisi per essere stata tradita dal fidanzato e in ritardo sulle rate dell’attrezzatura del suo centro estetico, si mette sulle tracce delle sedie, aiutata da Dino, un tatuatore (Valerio Mastandrea) cha ha il negozio di fronte al suo. Presto ai due si aggiungerà anche Padre Weiner (Beppe Battiston), un bizzarro sacerdote che a sua volta è venuto a conoscenza del mistero delle sedie tramite una sensitiva.
Mazzacurati sceglie un registro comico per raccontare una storia bizzarra, sempre in bilico tra fantasia e realtà, mescolando personaggi grotteschi e figure realistiche (e forse qui sta uno dei punti deboli del film); problemi di gente comune, sempre legati ai soldi, e scenari favolistici, come le scene girate nelle Dolomiti con l’eremita/pittore (Roberto Abbiati, una costante di stravaganza negli ultimi film di Mazzacurati). Costellato di piccole parti di attori bravi e cari al regista (Antonio Albanese, Roberto Citran, Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando e Natalino Balasso), La sedia della felicità è un piccolo film, che pur con alcuni limiti di sceneggiatura sorride degli italiani di oggi, di quelli che sperano nel colpo di fortuna, nell’evento che di colpo li renderà ricchi e felici, e che intanto si arrabattano – tra un sogno e un progetto – per non soccombere e non disperarsi. Uno sguardo ironico e al tempo stesso tenero e partecipe, cui i film di Mazzacurati ci avevano abituati, e di cui sentiremo ulteriormente la mancanza.
Beppe Musicco