Una donna, rimasta vedova durante la seconda guerra mondiale, riprende i contatti con il cognato che vive in Puglia e che da sempre, ma segretamente, è innamorato di lei. Dopo un lungo viaggio in auto in compagnia del figlio lo raggiungerà, e nonostante una serie di difficoltà iniziali, ritroveranno insieme il coraggio e l’entusiasmo per la vita. ,Anche questa volta Pupi Avati non rinuncia alla sua proverbiale delicatezza, poesia e malinconia. Se sono tante le critiche, infatti, che si possono muovere al cinema del regista bolognese, che spesso affianca alle sue buone doti tecniche delle sceneggiature non all’altezza, nulla gli si può rimproverare per quella sua leggerezza di tocco che riesce a far breccia, spesso con grande successo, nel cuore dello spettatore. Storie di uomini sconfitti dalla vita, ma con un desiderio grande di riscattarsi. Storie di persone costrette a stare nell’ombra per il pregiudizio nei loro confronti. Proprio come il bravissimo Antonio Albanese, che qui, nella parte del “pazzo” del villaggio che paga lo shock di aver visto morire una bambina durante la guerra, grida il suo desiderio di normalità, di bisogno di amare e di essere amato. E se Neri Marcorè si conferma attore brillante, nella parte di un cinico e spietato approfittatore disposto anche a “vendersi la madre” (in tutti i sensi) pur di far soldi, Katia Ricciarelli vince la scommessa che Avati gli ha lanciato, interpretando con calore e semplicità una donna triste, sola, ma tanto bisognosa di affetto. Tutto sembra funzionare bene ne “La seconda notte di nozze”: una bella e azzeccata location mediterranea, gli attori di contorno perfettamente in parte (si pensi alle due zie di Albanese), una colonna sonora più romantica e incisiva, che questa volta lascia da parte il jazz tanto amato dal regista (a parte la canzone sui titoli di coda), dando maggiore spazio a melodie più corali e orchestrali, ed un intelligente ed efficace utilizzo della voce fuori campo. Ma tutta ruota attorno ai tre, sorprendenti protagonisti: Albanese si conferma a pieno titolo come attore drammatico a tutto tondo, Marcorè dimostra di essere versatile, interpretando il ruolo del cattivo (e che cattivo…), la Ricciarelli sorprende chi non avrebbe scommesso sulla capacità di cimentarsi in una nuova carriera artistica. E c’è anche una novità rispetto ai precedenti film di Avati: questa volta il finale lascia un sorriso, una finestra aperta su una speranza segnata dall’amore. Spesso, nel cinema del regista bolognese, il “tentativo di riscatto” dei protagonisti resta insoluto, e vince la tristezza. Qui, invece, due sconfitti si trovano, si amano e sorridono alla vita.,Francesco Tremolada,