Si presenta bene, come da qualche anno a questa parte, il cartellone della Mostra di Venezia. Venezia 75 (29 agosto – 8 settembre), presentato ieri dal direttore Alberto Barbera. Dopo l’annuncio di Damien Chazelle ad aprire – primo film e “primo uomo”, ovvero il suo First Man – anche gli altri venti titoli del concorso compongono una proposta complessiva notevole. Ci incuriosiscono in particolare The Ballad of Buster Scruggs dei fratelli Coen, una delle tante produzioni Netflix (doveva essere la prima serie, o mini-serie, dei due fratelloni che poi per fortuna l’hanno trasformata in un film a episodi, ben 6; e per correre agli Oscar, pare che Netflix lo distribuirà anche in alcuni cinema selezionati) come lo sono anche Roma di Alfonso Cuaròn (che torna a Venezia a cinque anni da Gravity, suo ultimo film, con la storia di una famiglia borghese nel Messico degli anni 70) e 22 July di Paul Greengrass (lui invece per la prima volta alla Mostra: e dopo vari film sulla guerra in Irlanda, l’11 settembre, l’Irak o l’assalto dei pirati somali racconterà un’altra pagina di cronaca; il terribile attacco terroristico di Anders Breivik in Norvegia nel luglio del 2011). Raramente ci hanno deluso i francesi Olivier Assayas (Doubles Vies, con la coppia Guillaume Canet-Juliette Binoche) e Jacques Audiard (The Sisters Brothers: grande cast, ci sono Joaquin Phoenix, John C. Reilly, Jake Gyllenhaal e Riz Ahmed), qui nel suo primo film girato in inglese, e nemmeno maestri come il britannico Mike Leigh (Peterloo: piuttosto temiamo la maxi durata, di due ore e mezza, e purtroppo non saranno pochi i film superiori, anche di molto, alle due ore). Incuriosisce sempre un “irregolare” come Julian Schnabel, a Venezia con At Eternity’s Gate, specie se mette in scena Vincent Van Gogh (e anche qui i grandi attori si sprecano: Willem Dafoe, nei panni del pittore, e poi Oscar Isaac, Niels Arestrup, Mads Mikkelsen, Mathieu Amalric), come pure le opere seconde di emergenti come Brady Corbet (Vox Lux, con Nathalie Portman e Jude Law) e Laszlo Nemes (Sunset). Poi ci sono tre film italiani, parecchio anomali: Mario Martone è un regista ormai classico (dopo gli anni giovanili più sperimentali), ma certo il titolo Capri-Revolution è quanto meno anomalo per un film che racconta una comune di giovani nordeuropei nell’isola di Capri, a contatto con la gente del posto e alla vigilia della Prima guerra mondiale; Luca Guadagnino, ancora a Hollywood dopo le candidature agli Oscar con un film completamente diverso, ovvero il remake di Suspiria di Dario Argento; e poi Roberto Minervini con il suo nuovo documentario sul razzismo nella società americana, What you gonna do when the world’s on fire?. Poi ci sarà Shinya Tsukamoto con Killing (ma temiamo un po’ i suoi film cyberpunk), due registi che non amiamo per nulla come il greco Yorgos Lanthimos (The Favourite, e già soffriamo per le tre bravi attrici Olivia Colman, Emma Stone e Rachel Weisz…) e il messicano Carlos Reygadas (Nuestro Tiempo), che però valuteremo con oggettività. E poi altri, tra cui un grandissimo ritorno, da cui ci aspettiamo molto: il tedesco Florian Henckel Von Donnersmarck (che dopo Le vite degli altri realizzò solo il debole The Tourist negli Usa) con Werk Ohne Autor (Opera senza autore).

Ma c’è anche un ricco fuori concorso. Ancora Netfix contribuisce con due chicche, tra gli eventi speciali The Other Side of the Wind (l’ultimo film, rimasto incompiuto, di Orson Welles portato a termine dai produttori Frank Marshall e Filip Jan Rymsza, e They’ll Love Me When I’m Dead, documentario di Morgan Neville proprio sugli ultimi anni di vita di Welles. Ed è attesissimo l’esordio alla regia di Bradley Cooper con la quarta variazione sul tema della storia di A Star is Born, dove è anche nei panni di un cantante / pigmalione che scopre una giovane promessa, interpretata dalla star Lady Gaga. Ci saranno anche i nuovi film di Zhang Yimou, Pablo Trapero, Amos Gitai e altri maestri. Tra gli italiani, Una storia senza nome di Roberto Andò e la coproduzione italo-francese Les estivants, con Valeria Bruni Tedeschi alla regia (e i suoi film da regista non deludono mai), ma anche le prime due puntate della serie tv L’amica geniale di Saverio Costanzo (dai bestseller di Elena Ferrante). Nella sezione in teoria Orizzonti, un tempo sperimentale, il film di apertura è Sulla mia pelle di Alessio Cremonini (sulla morte di Stefano Cucchi), con Alessandro Borghi, Max Tortora e Jasmine Trinca, coprodotto da Netflix che – eccezionalmente ? – lo farà uscire dal 12 settembre non solo sulla sua piattaforma ma anche in alcuni cinema (non precisati “migliori”: sarà interessate vedere quanti e quali saranno). Nella stessa sezione ci sarà Un giorno all’improvviso di Ciro D’Emilio e La profezia dell’Armadillo di Emanuele Scaringi, ispirata al libro del disegnatore cult Zerocalcare. La nuova sezione sperimentale si chiama Sconfini (unisce prodotti di varia natura e sperimentali): tra i titoli, Il banchiere anarchico di Giulio Base (da un racconto di Pessoa), Il ragazzo più felice del mondo, sorta di mockumentary del fumettista Gipi e il documentario Arrivederci Saigon di Wilma Labate. Ma qui, e in assoluto, lasciateci attendere con particolare trepidazione la versione “lunga” (Extended Cut) del capolavoro di Terrence Malick, The Tree of Life. Perché a volte le cose migliori sono quelle del passato, come ricorda il ricco programma sui Classici: basti citare tra i tanti A qualcuno piace caldo (1959) di Billy Wilder, Il posto (1961) di Ermanno Olmi, L’anno scorso a Marienbad (1961, Leone d’Oro a Venezia) di Alain Resnais, Il portiere di notte (1974) di Liliana Cavani, La notte di San Lorenzo (1982) di Paolo e Vittorio Taviani.

E se i Leoni d’oro alla carriera saranno consegnati a David Cronenberg e a Vanessa Redgrave, non bisogna dimenticare le rassegne autonome Giornate degli autori e Settimana della critica, che spesso regalano dei veri gioielli. Spesso si tratta di giovani autori o rivelazioni, quindi è difficile dare anticipazioni, ma certo nella prima si segnala il ritorno di Valerio Mieli (che mancava dai tempi di Dieci inverni) con Ricordi? (protagonista Luca Marinelli), mentre alla Settimana il film italiano è l’opera prima Saremo giovani e bellissimi di Letizia Lamartire, con Barbara Bobulova cantante che ha perso il suo momento di successo, e si fa accompagnare nei locali di provincia dal giovane figlio chitarrista.

Sulla carta, come si vede, un programma ricchissimo. Suscettibile appunto di numerose integrazioni (e anche delusioni, certo) dalle tante scoperte che si faranno sul Lido. L’anno scorso ci folgorò L’insulto, che avrebbe anche potuto vincere il Leone d’oro (si prese solo il premio per uno dei due attori), e anche Tre manifesti a Ebbing, Missouri si fece apprezzare moltissimo. Se pensiamo che vinse La forma dell’acqua – ben fatto, per carità, ma di spessore decisamente inferiore – ci viene un po’ di malumore. Ma l’importante è che i film emergano alla luce, si facciano conoscere e amare. A questo servono, o dovrebbero servire, i festival.

Antonio Autieri