Una voce fuori campo – quella di Dio – introduce la storia parlando dell’incidenza del caso (da alcuni visto come conferma dell’esistenza del Padreterno, da altri come negazione) sulle vicende umane. Ed è una casualità che il sasso lanciato da un ragazzo in cortile verso una finestra della scuola abbia colpito una coppia di coniugi-bidelli (lui viene ferito alla testa, lei al braccio dalle schegge della vetrata). Quel ragazzo si chiama Samir ed è musulmano: per il preside, nella giornata che si concluderà con la serata di canti natalizi (ma oltre i canti cristiani, ci sono testi di tutte le altre religioni per motivi ecumenici), una bella grana da gestire con i due bidelli inferociti e soprattutto con mamma e nonna del bambino musulmano, entrambe sprezzanti e senza alcuna intenzione di rimborsare la finestra rotta (nonostante il tono più che conciliante del preside) perché intravedono responsabilità della scuola nel disagio del ragazzino. Man mano che si discute, i fatti sembreranno sempre meno chiari e sempre più ingarbugliati. E intanto la serata si preannuncia un disastro, tra problemi tecnici e malumori dei ragazzini.
In soli 77 minuti Rolando Ravello propone una commedia sopra le righe ma mai sbracata, divertente e pungente il giusto, con caratteri precisi e funzionali. A cominciare dal preside, interpretato da un controllato Corrado Guzzanti sempre dai tempi comici perfetti (per la prima volta utilizzato al meglio al cinema, a parte il piccolo ruolo in La passione di Carlo Mazzacurati), che non fa il presepe per non turbare gli stranieri ma poi prepara una serata di canti e testi di tutte le religioni; la maestra buddista e vegana (un’eccellente Lucia Mascino) che predica serenità e comprensione reciproca ma poi, pressata da tutte le parti (c’era lei in cortile, al momento del fattaccio), sbrocca di brutto; l’insegnante che ricatta il preside per fare gli straordinari; e poi i contendenti, madre e nonna musulmane (sono Kasja Smutniak e Serra Yilmax) che non accettano di scusarsi né tanto meno di pagare il danno, ma anche i due bidelli (e lui nasconde qualcosa) interpretati da Valerio Aprea e Iaia Forte. E i bambini, la cui assegnazione dei ruoli nella serata natalizia (il bue di Betlemme che ha la sua importanza, sant’Agostino che è il protagonista…) creerà altri problemi in extremis.
Tratto dall’omonima commedia teatrale di Stefano Massini, che ne adatta anche la sceneggiatura, La prima pietra è un coraggioso tentativo di satira dei costumi, in cui nessuno ne esce bene. Il modello sembra essere Carnage di Polanski, e anche qui mentre gli adulti – pessimi (non) educatori – si scannano in una “piccola guerra mondiale” scolastica, sembra che tutto possa essere salvato dai ragazzini (anche se il finale, non riuscitissimo, va in controtendenza). Sicuramente siamo lontani da quel modello e anche da altri più felici risultati analoghi, ma è apprezzabile il rischio che si è preso Rolando Ravello (attore caratterista di grande qualità ma da qualche anno anche regista, che già aveva diretto l’interessante e grottesco Tutti contro tutti, che un po’ richiama anche questo film, e poi la bella commedia Ti ricordi di me?). Il rischio di una commedia scorretta su temi delicati, in cui si scherza su tutte le parti in causa: alcuni luoghi comuni vengono messi alla berlina (Samir e i suoi genitori musulmani sono tutti nati in Italia, e i nonni sono imprenditori benestanti con un’azienda di pulizie che dà lavoro a italiani…), ma si lanciano strali anche contro le autocensure religiose (via i crocifissi e il presepe) e le intolleranze di chi dovrebbe integrarsi ed è più razzista degli altri, contro animalisti che non ragionano e pure contro dipendenti pubblici con poca coscienza; mentre il “sistema” non aiuta, se non ci sono i soldi nemmeno per la carta igienica. Non tutto convince (tra le cose che non funzionano molto, la cornice “divina” e alcuni colpi di scena come quello che riguarda l’identità del bidello, con le conseguenze che ne derivano). Ma se si accetta la scorrettezza di fondo a tratti si ride di gusto, anche per la qualità degli interpreti. E peraltro, quella figura di preside (sempre motivato da nobili intenzioni) che fa di tutto per salvare lo spettacolo natalizio e la convivenza in quell’istituto, personalmente, ci è sembrato una piccola, grande nota di umanità. Controbilanciando un’apparente sfiducia nell’integrazione tra persone di mondi che non si vogliono integrare.
Luigi De Giorgio