La prima luce (id.)
Italia/Cile 2015 – 108’
Genere: Drammatico
Regia di: Vincenzo Marra
Cast principale: Riccardo Scamarcio, Daniela Ramirez, Gianni Pezzolla, Luis Gnecco, Alejandro Goic
Tematiche: matrimonio, separazione, paternità
Target: da 16 anni
Un uomo si mette alla ricerca della compagna, tornata in Cile portandosi via loro figlio.
Recensione
È la deriva di un rapporto di coppia e la perdita di un figlio, portato via dalla donna un tempo amata e con cui è rimasto solo rancore e incomprensione, la storia di questo bel film diretto da Vincenzo Marra, che alla sua quarta opera (cui però sono da aggiungere parecchi documentari) centra anche la sua migliore. Ed è un film che poggia parecchio sulla crescita come interprete di Riccardo Scamarcio, al quale – forse per motivi di immagine e carattere scontroso – si tende a non riconoscere talento e risultati artistici. A Scamarcio (già di recente in una storia sentimentale altrettanto tesa in Nessuno si salva da solo di Castellitto) è affidato il ruolo di Marco, avvocato che vive a Bari con la compagna cilena e il loro figlio Mateo. La storia d’amore si è ormai spenta: i due sembrano stare insieme solo per il bambino, adorato da entrambi. Con lui Marco gioca, comunica, sta bene; ma di questo non tiene conto Martina, la sua donna sempre più insofferente dell’Italia, paese sempre in crisi e depresso, e che vuol tornare nel suo Paese e da sua madre. Lei prova a convincere Marco, in fondo non vorrebbe rompere; ma lui ha un lavoro avviato come legale e liquida le rimostranze della donna come irrealistiche. Quando lei, rischiando seri guai con la giustizia, porta via il figlio senza autorizzazione né del tribunale né tanto meno dell’uomo, non sembra difficile per Marco (che pena quando ritrova la casa vuota, all’improvviso…) far valere i suoi diritti. Ma una volta arrivato in Cile, scoprirà che laggiù far valere le sue ragioni è terribilmente complicato. E lui rischia di non vedere più il suo bambino, se non accetta le condizioni di Martina.
Dopo i primi film rigorosamente d’autore e apprezzati dalla critica (l’esordio Tornando a casa vinse a Venezia nel 2001 la Settimana della Critica, cui seguì l’altrettanto positivo Vento di terra), e un terzo meno felice, L’ora di punta, Marra si era dedicato a documentari oltre che a un episodio del collettivo I ponti di Sarajevo. Con La prima luce propone il suo primo film con un taglio narrativo aperto a un pubblico più ampio, per via di un tema drammaticamente popolare (quello dei padri separati che rischiano di perdere i propri figli) ma anche grazie a una narrazione pulita e senza inutili vezzi. Non che la regia sia piatta e incolore, anzi, piuttosto risulta invece efficace nella sua semplicità e pure con qualche guizzo non gratuito, che serve a far immedesimare nell’incubo in cui a poco a poco sprofonda il protagonista. E se la precisa scelta del punto di vista maschile ha fatto parlare di storia personale e molto sentita, c’è da dire che le ragioni della donna sono comunque comprese quando nella prima parte le sue richieste d’aiuto non vengono prese in considerazione dal compagno (le sue speranze profonde, come sposarsi, avere un secondo figlio, andare a trovare la madre in Cile, erano rimaste frustrate). Soprattutto fa male, nella sua verità, quel suo giudizio su un Paese, il nostro, dove una crisi perenne ha reso tutti depressi e arrabbiati. Ma certo fa male anche vedere come non tiene conto dell’affetto del figlio per quel padre tanto amato, scappando in fretta e di nascosto.
Il film mostra anche la grettezza disumana della “legge” e dei suoi rappresentanti, sia in Italia (dove un avvocato senza scrupoli, pur sottolineando alla donna la scorrettezza della sua posizione, le indica anche la possibilità di aggirare le regole) che in Cile, dove l’incubo di Marco diventa kafkiano e l’uomo rischia di vedersi incolpato delle peggiori nefandezze e di perdere per sempre il figlio. È evidente a un certo punto (soprattutto nel bel monologo processuale di Scamarcio: «Ci siamo voluti bene, abbiamo fatto questo figlio meraviglioso…») il rimando a un classico del genere, Kramer contro Kramer che a fine anni 70 metteva contro come genitori una giovanissima Meryl Streep e un già affermato Dustin Hoffman (che vinsero entrambi il premio Oscar). Ma Marra è bravo nel non cadere mai nel retorico e nel patetico, grazie anche alla misura interpretativa di uno Scamarcio davvero maturo per ruoli sempre più complessi, giocati senza eccessi su una bella gamma di sfumature.