Julie (Renate Reinsve) è una ventenne norvegese bella e disorientata. Insicura del corso di studi da intraprendere, inizia frequentando con successo medicina, per poi realizzare che non sono i sistemi fisiologici ad interessarla, ma i processi mentali; quindi passa a psicologia, ma anche lì non è soddisfatta, per cui decide di iscriversi a un corso di fotografia. Ogni cambiamento viene mostrato come un’improvvisa epifania, attraverso la quale Julia realizza di essere nel posto sbagliato.

Joachim Trier mostra questo processo attraverso un montaggio molto veloce, accompagnato da una voce fuori campo, che accompagna i 12 capitoli (più un prologo ed un epilogo) annunciati nei titoli di testa. Terminato il prologo sulle indecisioni riguardanti gli studi, termina anche la storia sentimentale di Julia, ormai ventinovenne, con Aksel (Anders Danielsen Lie), un creatore di un fumetto underground (una sorta di “Fritz il Gatto” di Robert Crumb, per chi se lo ricorda). Nonostante la sua creatività alternativa, Aksel non è esente da comportamenti apertamente sessisti che infastidiscono Julia, uniti al fatto che Aksel vorrebbe cominciare a parlare del loro futuro insieme, che potrebbe comprendere anche dei figli. Ma pur con l’indubbio legame affettivo tra i due, l’insoddisfazione di Julia la porta a lavorare come commessa in una libreria e flirtare con Elvind, un giovane conosciuto per caso a una festa di matrimonio nella quale la ragazza si era imbucata per caso vagando da sola per la città. Julia si sente soffocata dall’affetto di Aleks e teme che il loro rapporto diventi un peso per la sua vita, costringendola a un matrimonio o a dei figli, esattamente come appaiono le sue ave nelle vecchie foto, dallo sguardo triste e compreso.

Presentato al Festival di Cannes e giudicato da molti critici tra i migliori film dell’edizione 2021, La persona peggiore del mondo ha subito suscitato l’entusiasmo della generazione dei trentenni che si rivedono nel personaggio così ben interpretato da Renate Reinsve (premiata come miglior attrice a Cannes): dei non più giovanissimi che non sanno cosa vogliono, ma che sono convinti di volere qualcosa; che non vogliono accollarsi la responsabilità adulta di farsi una famiglia o avere dei figli, preferendo la comodità di una storia romantica che può essere interrotta al comparire di un altro partner più attraente, in un individualismo che viene assurto a scelta valida come qualunque altra.

Julia non sembra essere troppo tormentata dai sentimenti degli altri: anche la sua posizione di fronte alla malattia incurabile di una persona cara sembra essere del tutto passivo; e il finale del film dipinge la protagonista che guarda con serenità a quello che sarebbe potuto essere il suo futuro, e che non è stato per sua scelta. La persona peggiore del mondo è ovviamente un titolo ironico, ma presentare il film come “commedia romantica” appare un po’ forzato: dietro alle vicende sentimentali di Julia c’è molto più dramma di quello che sembra.

Beppe Musicco

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