Simon Daoud è un violinista serio, la musica è per lui ragione di vita e ha sempre e solo desiderato esibirsi con orchestre prestigiose davanti a pubblici dai gusti raffinati, in grado di comprendere e apprezzare fino in fondo la musica classica. A causa della mancanza di lavoro, il violinista franco-algerino si ritrova controvoglia ad accettare un posto come maestro in una scuola di periferia per insegnare a un gruppo di ragazzi, figli di immigrati, indisciplinati e dalla lingua tagliente a rispettare lo strumento che hanno tra le mani e a lasciarsi muovere dalla bellezza della musica. Per uno che ha sempre avuto l’opportunità di poter scegliere a chi trasmettere il potere dell’arte, trovarsi di fronte a un gruppo di dodicenni convinti che Celine Dion figuri tra i più noti artisti di musica classica assume fin dal primo giorno il contorno di una sconfitta. Ma, nonostante tutto (lui vorrebbe fuori dal gruppo i peggiori piantagrane) e in attesa dell’opportunità in grado di dare una svolta alla sua carriera, Simon accetta di prepararli per un importante concerto che si terrà presso la Filarmonica di Parigi. Giorno dopo giorno, le sue radicate convinzioni di musicista di talento vacilleranno e saranno messe in crisi dai volti di questi ragazzi e dal loro profondo desiderio di riuscire a far bene in qualcosa. A cambiare il suo sguardo e la sua prospettiva di vita sarà soprattutto il giovane Arnold, un ragazzo di colore che osserva rapito le lezioni di violino dall’esterno dell’aula e chiede con umiltà di poter essere ammesso alla classe, riponendo in questo strumento speranze che vanno ben oltre il semplice desiderio di imparare a suonare.
Primo lungometraggio di Rachid Hami, La mélodie è un film francese presentato fuori concorso durante la Mostra di Venezia 2017. Il regista presenta un tema già più volte esplorato dal cinema, sia sul versante dell’insegnamento che sullo specifico musicale (basti pensare a Les Choristes o a La famiglia Belier), indagando il classico rapporto tra adulti e ragazzi, tra insegnanti e studenti, tra maestri e apprendisti. Sorta di favola educativa al tempo stesso contemporanea (il disagio dei ragazzi e il loro retroterra è realistico) e dalla struttura classica, La mélodie si muove con una certa prevedibilità, alternando a ostacoli e sconfitte, momenti di commovente comunione e unità tra genitori e insegnanti, che imparano a conoscersi e si uniscono per offrire a quei ragazzi un’opportunità mai presa in considerazione e per farli arrivare ben preparati alla serata d’esibizione.
Il film di Hami non è certo un capolavoro. Ma la vicenda, per molti versi scontata, non ne sminuisce il valore e la potenza. Con semplicità e senza troppe pretese (e sicuramente rivolto a un pubblico altrettanto in cerca di una storia semplice e non di ricercatezze e sofismi artistici), il regista si accosta alla narrazione e al tema classico – l’influenza dei maestri sugli allievi, ma anche la passione che si rinnova negli insegnanti attraverso di loro – con dialoghi improvvisati o situazioni genuine e immagini delicate, sempre tese a mostrare i dettagli dell’universo musicale (violini, spartiti, corde, archetti) così come tensione, rabbia o gioia e stupore nei volti dei ragazzi.
Il racconto nella sua linearità e totale assenza di colpi di scena o inaspettate svolte drammatiche esalta con semplicità tutto ciò che merita di essere sottolineato: il desiderio di un gruppo di giovani emarginati di riuscire a commuovere pubblico e genitori attraverso la loro musica, la scoperta di un vero talento in una realtà periferica dove mai ti sogneresti di andare a scovare un’artista, la rinascita di un uomo capace, attraverso il suo ruolo di maestro, di risolvere i suoi problemi personali riallacciando il rapporto con la figlia e la madre e donando un senso nuovo al suo mestiere (ed è apprezzabile la prova nei panni del protagonista di Kad Merad, in genere noto per i suoi ruoli comici). Le ambientazioni, i personaggi, il tessuto multiculturale e sociale esplorato dalla relazione tra gli studenti e gli insegnanti si fa così carico di sentimento e ci conduce verso un finale che restituisce a protagonisti e spettatori speranza e profonda emozione. Con un messaggio così forte e vitale non si può che passare sopra qualche perdonabile limite e apprezzare la delicatezza di una storia assolutamente positiva, ma anche una sobrietà che evita strade patetiche che sarebbe stato facile percorrere.
Marianna Ninni