La marcia dei pinguini ovvero “l’amore” per il pinguino imperatore. Suona strano poter associare un sentimento umano al simpatico uccello su due zampe, eppure la trasferta del biologo Luc Jacquet sottolinea il versante romantico della lunga marcia che i pinguini imperatori percorrono per riprodursi e crescere i propri piccoli. Siamo dunque lontani dalla natura senza commenti degli altri due documentari francesi di successo, Microcosmos e Il popolo migratore: se là c’era un mostrare il mondo, prima degli insetti poi degli uccelli, da un punto di vista inatteso (attraverso la lente del microscopio e con una visuale aerea), qui le intenzioni sono tutt’altre. La marcia dei pinguini si struttura piuttosto come una favola. Ha le stesse movenze: la voce fuori campo (nella versione italiana il gigionesco Fiorello) ci racconta una storia il cui protagonista è un pinguino che sa cosa vuol dire soffrire e amare. Una creatura antropomorfa, proprio come quelle delle favole. Non a caso i rituali d’accoppiamento sono descritti con la stessa intensità delle scene d’amore di tanti film di finzione enfatizzati da un’intensa colonna sonora elettronica. E ai pinguini imperatori si attribuisce persino il dono della prefigurazione nei confronti della creatura marina che li assale e il desiderio di promettersi il loro amore oltre l’estate che li divide.

Daniela Persico