Juan e Pedro non potrebbero essere più diversi. Per metodi, idee politiche, esperienze passate e contingenze esistenziali presenti. I due poliziotti devono convivere e collaborare di malavoglia, nella Spagna di inizio anni 80 – alle prese con la difficile transizione dalla dittatura di Francisco Franco alla democrazia – a un caso di omicidi seriali che si svela a partire dalla sparizione di due adolescenti. Qualcuno rapisce e uccide una serie di ragazzine, in una zona di provincia malsana per le paludi che la circondano e per i troppi segreti che nessuno vuol svelare. E per le complicità di ogni tipo.
È un thriller più attento alla definizione di caratteri e atmosfere e allusioni al contesto politico che alla trama in sé stessa (e infatti lo sciogliersi del mistero passa quasi in sordina, e convince fino a un certo punto), questo film che in Spagna vinse nel 2014 dieci premi Goya tra cui quello per il miglior film dell’anno. Non che il giallo non sia di livello, anzi: ma lo è per la tensione continua, per il duello che potrebbe diventare stima (ma occhio ai colpi di coda nel finale) tra i due poliziotti, per i caratteri di una provincia misteriosa e claustrofobica – quella delle risaie del Guadalquivir – anche quando si mostrano spazi aperti e assolati. A qualcuno il film ha ricordato la prima annata della serie tv a stelle e strisce True Detective (quella con Matthew McConaughey e Woody Harrelson), ma qui i punti di contatto ci sembrano esaurirsi nella diversità di caratteri del duo di protagonisti; elemento in comune con tantissimi titoli cinematografici e televisivi del genere poliziesco, sia in chiave drammatica che più leggera.
In La isla mínima siamo invece dalle parti dell’apologo su una nazione che cerca di riemergere da un periodo tragico e oscuro; con il riciclaggio di chi cerca di darsi una veste rispettabile per nascondere un passato deprecabile o chi cerca di ritagliarsi spazi per torbide manovre e delitti mentre un nuovo e più giusto ordine non si è ancora affermato. In questo, il contesto rappresentato è inquietante e marcio al punto giusto. E quando, sul finale, ci si potrebbe aspettare qualcosa di più lieto e rassicurante, il colpo di scena finale è meno imprevedibile di quanto vorrebbe l’autore, ma comunque efficace nel ribadire l’angosciante assunto di partenza. La nuova Spagna avrebbe ancora dovuto lottare per affermare una duratura pacificazione e l’avvento di una nuova, più luminosa pagina della sua storia.

Antonio Autieri