Mediocrissima commedia leggera scritta e diretta da Carlo Sarti, regista cinquantenne con alle spalle una filmografia di piccoli, sconosciuti film come Se c'è rimedio perché ti preoccupi e Goodbye Mr. Zeus. Il cast è un sogno a lungo accarezzato da qualsiasi fan del cinema trash: Sergio Muniz mattatore assoluto accanto ai redivivi Enrico Beruschi e Debora Caprioglio. In realtà c'è davvero poco da ridere. Confezione poverissima e approssimativa (il film è in pratica girato nelle poche, spoglie stanze in cui vive il protagonista), cast bizzarro che, a livello recitativo, si colloca ben sotto al livello di guardia, sceneggiatura che guarda a modelli impossibili, tra cui La finestra sul cortile di Hitchcock citato anche espressamente, ma che crolla da subito nel tentativo, assai ardito, di combinare l'intreccio giallo con la componente sentimentale. La storia: un giovanotto (il televisivo Fabrizio Bucci, non un granché) scrittore frustrato e sommerso dai debiti, vive con l'incubo che la banca gli pignori la casa. Subaffitta così una stanza a un playboy un po' cialtrone interpretato da Muniz. I due verranno scambiati per gay dalla vicina di casa (Debora Caprioglio) e pure sospettati dalla polizia di alcuni omicidi di vecchiette avvenuti nel palazzo di fronte dove vive anche la bella Alice (Clizia Fornasier), che Bucci spia dalla finestra di fronte come James Stewart nel film di Sir Alfred. Sarti tenta lodevolmente la strada del giallorosa ma il risultato è deludente per una regia che non ha mai i tempi giusti e si perde in scelte stilistiche che sono un pugno in un occhio, come i diversi ralenti che sottolineano alcune scene “chiave”. Le gag o presunte tali come l'equivoco in cui incappa il protagonista scambiato per un barbone o la gag domestica del frigorifero rotto e aggiustato alla bell'e meglio con lo scotch, sono a bassissimo contenuto comico; e quando Sarti si mette a citare i classici del muto viene un po' il prurito alle mani. Insomma, non ci si diverte mai, eppure questo non è l'unico difetto di un film naif e strampalato: il cast non è mai a proprio agio in ruoli o troppo caricaturali (come quello del povero Beruschi) o perché alle prese con battute inascoltabili del tipo “Dormivamo beati come parlamentari al Senato”. E così, se Muniz, tutto sommato, è quello che ci si aspetta – un bello senza spessore – a fallire è proprio la prova di Bucci, attore discreto ma qui impegnato in ruolo mal scritto con cui dovrebbe da solo tenere in piedi un film che fa acqua da tutte le parti, tanto ricco di velleità, dal racconto della crisi economica alla ripresa della commedia sofisticata, quanto povero in forma e contenuto. Altro che Hitchcock (la soluzione dell'intreccio giallo è tra l'altro davvero strampalata): qui si rimpiange la commedia italiana degli anni 80 e 90, quella del buon – e dimenticato da tutti – Francesco Nuti i cui film campeggiano in belle locandine, nell'ufficio di Beruschi come fossero il modello, anche questo irraggiungibile, di questo piccolo, trascurabile La finestra di Alice.,Simone Fortunato